Snapchat può essere ritenuto responsabile per un incidente mortale causato usando il suo filtro velocità

Snapchat potrebbe essere ritenuto responsabile per un incidente mortale causato dall'utilizzo del suo filtro velocità

05/05/2021 di Ilaria Roncone

Snapchat potrebbe essere ritenuto responsabile per un incidente automobilistico fatale presumibilmente causato da un suo filtro di velocità. Il caso in questione, che era stato archiviato nel 2020 con esito favorevole per l’applicazione, è stato riaperto grazie alla sentenza di una corte d’appello. Il caso Lemmon v. Snap riguarda uno schianto mortale del 2017 che ha visto perdere la vita un ventenne che guidava e due adolescenti passeggeri. Il conducente stava utilizzando il filtro velocità Snapchat, arrivando a toccare quasi 200 km/h prima dello schianto. All’epoca due dei genitori degli adolescenti morti avevano citato in giudizio Snapchat per omicidio colposo per aver indotto i ragazzi a guidare a velocità eccessive.

LEGGI ANCHE >>> La rivolta delle beauty influencer contro i filtri di Instagram

Riaperto il caso filtro velocità Snapchat

La discussione sul filtro tanto controverso si riapre, dunque, e Snapchat dovrà affrontare la questione. I genitori sostengono che molti adolescenti erano convinti che avrebbero ottenuto una ricompensa segreta raggiungendo velocità elevate e che Snapchat glielo lasciasse credere. Snapchat è riuscito a svicolarsi dalle accuse parlando di uno strumento fornito agli utenti per creare contenuti e facendo appello alla sezione 230 del Communications Decency Act.

La corte d’appello del nono circuito, che ha riesaminato il caso ormai archiviato, ha annullato la precedente sentenza stabilendo che pur se vero che sono stati gli utenti ad agire indipendentemente dalla piattaforma – che metteva anche in guardia le persone rispetto al guidare a velocità troppo elevate -, c’era un meccanismo di ricompensa implicita attuando tale comportamento.

La creazione di un precedente

Con questo provvedimento non si stabilisce che Sanpchat sia responsabile di quanto accaduto ma si sottolinea che, in questo casi, la protezione data dalla Sezione 230 non può evitare all’app di essere citata in giudizio. In particolare, secondo la corte d’appello l’applicazione ha «indiscutibilmente progettato» quel filtro di velocità e viene «citata in giudizio per le prevedibili conseguenze della progettazione di Snapchat in modo tale da incoraggiare presumibilmente comportamenti pericolosi».

Il filtro velocità Snapchat, andando a ben vedere, ha una storia travagliata in tribunale – che The Verge ha ripercorso -. Già nel 2016 un utente di Snapchat che stava provando a raggiungere le elevate velocità premiate dal meccanismo era stato citato in giudizio da un autista di Uber con il quale aveva fatto un incidente. Quella volta, inizialmente, il tribunale si era schierato con l’autista Uber ma – alla fine – la corte d’appello della Georgia aveva annullato la decisione discolpando il filtro Snapchat.

Riprendere in mano questa causa e che a farlo sia un tribunale importante fa sì che si crei un precedente di messa in discussione della protezione incondizionata che la Sezione 230 fornisce alle piattaforme in casi controversi come questo.

Share this article
TAGS