Quell’impellente voglia di trascorrere il primo giorno della fase 2 all’IKEA

Il fatto che tutti noi abbiamo trascorso oltre due mesi in quarantena, chiusi in casa e senza la possibilità di uscire se non per andare a lavoro o a fare la spesa ha portato inevitabilmente a osservare anche gli angoli dell’appartamento a cui forse non avevamo mai fatto caso. Può essere questa la parziale spiegazione alle lunghe file all’Ikea che si sono registrate per tutta la giornata di oggi, dalle 10 di questo 18 maggio, in tutti gli store italiani: da Milano, fino ad arrivare a Catania.

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File all’Ikea nel primo vero giorno di fase 2

Le immagini che sono diventati viralissime sui social network (l’hashtag #Ikea ha avuto più di 60mila interazioni solo su Twitter) hanno dato il via alle solite discussioni e ai soliti dibattiti censorei sugli assembramenti, ma hanno anche consentito agli italiani di porsi qualche domanda: come mai, nel primo giorno della vera e propria fase 2, la necessità più impellente dei cittadini è stata quella di recarsi al negozio Ikea più vicino? Disagi e assembramenti si sono verificati a Carugate a Milano, ma anche nello store di Anagnina a Roma: la catena di mobili svedesi, al suo primo giorno di riapertura, ha dovuto accogliere una folla imprevista, forse, di persone.

File all’Ikea, le regole per l’accesso agli store

Ma le lunghe code che si sono registrate davanti agli stabilimenti, in realtà, trovano una spiegazione nelle misure di sicurezza e di distanziamento sociale che l’Ikea ha messo in piedi per fronteggiare questo primo periodo dell’immediato post-emergenza coronavirus: «L’ingresso è contingentato per permettere a tutti di mantenere la distanza di 1,5mt e per tutelare la salute di tutte le persone – spiega Ikea Italia sui social network -. Abbiamo adottato le misure necessarie nel rispetto delle direttive per rendere il negozio un posto sicuro, sano e accogliente».

Oltre agli ingressi contingentati, però, c’è anche una spiegazione più razionale all’affollamento dopo il primo giorno della riapertura. In tanti si sono trovati a far fronte alle nuove esigenze dettate dall’emergenza coronavirus: lo smartworking, ad esempio, ha richiesto un arredamento più adatto alle attuali innovazioni nel mondo del lavoro. Poi, ci sono stati i blocchi degli approvvigionamenti dei negozi in questo periodo di lockdown che ha reso non proprio agevole il sistema di vendita online degli store. Insomma, come al solito le immagini raccontano sempre soltanto una parte della verità.

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