Il giro di vite sulle recensioni false sul web

Categorie: Attualità

All'interno della direttiva UE del 2019, recepita dall'Italia con un decreto approvato dal Consiglio dei Ministri qualche settimana fa, non si parla solamente di pubblicità e influencer, ma anche dei "giudizi" in rete su un prodotto e/o un'azienda

Nel corso degli ultimi anni, abbiamo iniziato ad assistere a un fenomeno divenuto – ben presto – dilagante: quello delle false recensioni online. Se ne è parlato sia in termini di puro marketing, ma anche in correlazione con fatti di “cronaca” con utenti che hanno preso di assalto le pagine (per esempio) di alcuni locali (un ristorante di Soverato Marina e una pizzeria di Camaiore sono solo i casi più recenti) in cui si era verificato un qualcosa diventato di dominio pubblico raccontando di esperienze negative pur non essendo mai stati in quei luoghi. E ora, con il recepimento di una direttiva UE datata 2019, il Consiglio dei Ministri italiano ha deciso di applicare i paletti normativi comunitari – in quello che è stata definito, per sintesi, “decreto influencer” – per normare quel che accade online sul tema delle recensioni. E non solo quel che viene scritto dai “clienti”, ma anche dal punto di vista delle aziende che sui loro portali ospitano “pareri” di “clienti”.



LEGGI ANCHE > C’è un decreto che cambierà il modo di fare marketing degli influencer e limiterà le recensioni false

Piccola premessa: come abbiamo spiegato nei precedenti approfondimenti, il testo del cosiddetto “decreto influencer” non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (dopodiché, serviranno 90 giorni per la reale entrata in vigore delle varie norme contenute al suo interno). Ma in Parlamento era già stata presentata la bozza di questo provvedimento e da lì si può capire come l’intero impianto si basi pedissequamente sulle varie modifiche apportate a numerose direttive Europee attraverso la Direttiva Omnibus del 2019, approvata da Parlamento e Consiglio Europeo.



False recensioni, come interviene il “decreto influencer”

Lì dentro, il tema delle false recensioni online viene descritto come un fenomeno rilevante per via di una vita sempre più digitalizzata che porta gli utenti a diventare clienti (quindi a scegliere tra l’una e l’altra azienda, tra questo o quel prodotto) attraverso la verifica del ranking e delle recensioni pubblicate in rete (sia su quei portali che potremmo definire “aggregatori” che all’interno dei siti personali). Dunque, nella direttiva UE 2019/2161 (approvata a novembre di quell’anno, ma pubblicata un mese dopo) viene esplicitamente dichiarato il motivo per il quale si è dovuto ricorrere a queste modifiche di norme già esistenti, ma non per il “mercato digitale:

«Al momento di effettuare le loro decisioni di acquisto, i consumatori si affidano sempre più spesso alle recensioni e raccomandazioni di altri consumatori. Pertanto, quando i professionisti forniscono l’accesso alle recensioni dei consumatori sui prodotti, dovrebbero informare i consumatori se hanno adottato processi o procedure idonei a garantire che le recensioni pubblicate provengano da consumatori che hanno effettivamente acquistato o utilizzato i prodotti in questione. Se sono operativi, detti processi o procedure dovrebbero precisare quali sono le modalità di svolgimento delle verifiche e fornire ai consumatori informazioni chiare sul modo in cui sono elaborate le recensioni, per esempio se sono pubblicate tutte le recensioni, sia positive che negative, o se le recensioni sono state sponsorizzate o influenzate da un rapporto contrattuale con un professionista. Inoltre, dovrebbe essere considerato una pratica commerciale sleale il fatto di indurre in errore i consumatori dichiarando che le recensioni di un prodotto sono state inviate da consumatori che hanno effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto in questione quando non è stata adottata alcuna misura ragionevole e proporzionata per garantire che esse provengano da detti consumatori. Tali misure potrebbero includere mezzi tecnici intesi a verificare l’attendibilità della persona che posta una recensione, per esempio inviando una richiesta di informazioni per verificare che il consumatore abbia effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto recensito».



Il tutto, inoltre, porta a un’altra riflessione che fa riferimento alle caratteristiche di un messaggio pubblicitario, anche se destinato a un pubblico “digitale” e reso pubblico attraverso una piattaforma online:

«Le disposizioni della presente direttiva relative alle recensioni e alle raccomandazioni dei consumatori lasciano impregiudicata la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate a essere prese alla lettera».

Ovviamente, l’ecosistema digitale preso in esame dalla direttiva UE (e dal decreto con cui l’Italia si appresa a rendere effettive le modifiche al cosiddetto “Codice del Consumo“, d.Lgs 206/2005), è vastissimo.

Il lato dei social

Il nostro Paese, infatti, inserirà alcuni dettagli per corroborare l’intenzione di fermare la pratica delle false recensioni online. Come l’inserimento del comma 5-bis all’articolo 22 del suddetto Codice del Consumo:

«Se un professionista fornisce l’accesso alle recensioni dei consumatori sui prodotti, sono considerate rilevanti le informazioni che indicano se e in che modo il professionista garantisce che le recensioni pubblicate provengano da consumatori che hanno effettivamente acquistato o utilizzato il prodotto».

E ancora. Al comma 1 dell’articolo 23 del Codice del Consumo è stato inserito i punti bb-ter e bb-quater:

Dunque, l’impianto anti-false recensioni è molto preciso e coinvolge tutti gli attori “professionisti” che operano anche in rete. Dunque, chi ha un portale web (che sia un’azienda o un singolo) che ospita recensioni, deve poter restituire all’utente tutte le fasi che hanno portato alla pubblicazione di quella recensione. Quindi, deve garantire che si tratti di una testimonianza reale (cioè che chi recensisce un prodotto o servizio ha realmente usufruito e utilizzato quel prodotto o servizio) o che – nel caso dei social – che si tratti di una recensione figlia di un accordo commerciale (quindi con contratto e relativo pagamento per la “prestazione”).

False recensioni, giurisprudenza italiana

Oltre a queste modifiche che andranno ad agire sul Codice del Consumo, in Italia – di recente – è stata scritta una discreta giurisprudenza sulle false recensioni. Nel 2018, il Tribunale di Lecce ha condannato a 9 mesi di reclusione e 8mila euro di multa un uomo che gestiva una “società” una società che “offriva” pacchetti di recensioni – destinate alla pubblicazione sulla piattaforma Tripadvisor – non esperenziali (ovvero non frutto di un’esperienza reale con un prodotto o servizio). Nel novembre scorso, invece, la giustizia italiana si è mossa contro Google, chiedendo al gigante Big Tech la rimozione di recensioni false pubblicate sulla pagina di un ristorante di Genova (“testimonianze” non vere che avevano fatto abbassare il punteggio del locale e, dunque, avevano abbassato il suo successo sui possibili futuri clienti). Dunque, su questo argomento c’è una grande attenzione da anni e ora, con il recepimento della direttiva UE, anche l’Italia avrà delle linee guida molto più strutturate.