L’analisi del comportamento degli utenti per scoprire le false recensioni

Molte piattaforme applicano diversi modelli per valutare la "carriera utenti". Si tratta di strumenti in grado di far comprendere le condotte online e intercettare eventuali giudizi non veritieri

30/03/2023 di Enzo Boldi

Cosa spinge un utente a pubblicare false recensioni? Una risposta univoca per rispondere a questa domanda non c’è. Nella storia del web, infatti, spesso e volentieri ci siamo imbattuti in casi di cronaca che hanno portato le persone a prendere d’assalto le pagine – per esempio su TripAdvisor, ma anche su Google – di aziende o locali per rendere pubblico tutto il loro sdegno. Eventi che sono diventati sempre più pane quotidiano, ma che rappresentano solamente una piccola porzione di questo ecosistema che mina la credibilità dei pareri e dei giudizi all’interno del mondo di Internet.

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Le diverse piattaforme di e-commerce (inserendo in questo macro-contenitore anche tutti quei portali che fanno da “intermediari” per gli acquisti di soggiorni, o piattaforme che mettono in contatto proprietari di case e vacanzieri) hanno stilato delle policies molto stringenti per mettere un freno al fenomeno delle false recensioni (mentre altri portali non hanno fatto nulla per scongiurare il proliferare di tutto ciò). Tutto ciò può bastare per evitare che il consumatore cada nel “tranello”? È sufficiente per evitare che un’ondata di giudizi negativi “immotivati” mini la credibilità di un’azienda impattando sulla sua notorietà e, dunque, sul suo fatturato?

Perché si scrivono false recensioni?

Per analizzare questo fenomeno, occorre fare una doverosa premessa e precisazione: in alcuni casi, ci sono delle aziende che mettono in vendita pacchetti di recensioni false (positive) e che si rivolgono direttamente a locali o imprese. Si tratta, ovviamente, di una pratica illegale e perseguibile per legge. Inoltre – citiamo l’esempio di Google My Business -, spendere soldi per comprare giudizi positivi online per la propria azienda-locale è un comportamento facilmente individuabile dall’azienda di Mountain View: tra algoritmo e controllo “umano”, chi ha scelto quella strada rischia di veder sospeso il proprio profilo provocando l’effetto contrario, ovvero la perdita di reputazione. Un modello simile a quello della vendita di pacchetti di “bot” sulle piattaforme social.

Al netto di questo fenomeno, cosa spinge gli utenti “reali” a scrivere recensioni false? Un’indicazione in tal senso ci arriva da un’intervista pubblicata dalla BBC nell’aprile del 2019. A parlare è un uomo che vive nell’East Sussex, Contea a Sud di Londra che si affaccia sul Canale della Manica che ha raccontato di aver intrapreso quella strada per convenienza economica, con uno stratagemma (non suo, ma delle aziende con cui è entrato in contatto) per aggirare i paletti delle policy delle piattaforme di e-commerce: gli utenti ricevono soldi per acquistare un determinato prodotto, in modo da risultare un reale “compratore” e, dunque, poter scrivere una recensione (ovviamente positiva) che il sistema non può che giudicare come veritiera, reale e – soprattutto – verificata.

Gli schemi di comportamento

Dunque, abbiamo già tre fattispecie che indicano tre tipologie di intenzioni dietro la pubblicazione di false recensioni online: le aziende che comprano “pacchetti-bot“, gli utenti che vogliono prendere di mira un’azienda-locale per dei bias personali (riferibili, come accaduto, a fatti di cronaca o legami con la stessa azienda su cui è stato scritto un giudizio), le persone che lo fanno per ottenere un ritorno economico (o una serie di prodotti gratis). A tutto ciò dobbiamo aggiungere almeno altri tre schemi di comportamento: c’è chi scrive una falsa recensione per ritorsione, chi lo fa per competizione e/o concorrenza e chi, invece, decide di partecipare a campagne di “troll”.

Tanti profili differenti che, però, alimentano un fenomeno in costante crescita. Nonostante molti grandi operatori online stiano provando a intercettare queste recensioni false e impedirne la pubblicazione di nuove. Per fare ciò, è molto utile verificare la cosiddetta “carriera utente”: vedere il numero di giudizi pubblicati, il lasso di tempo tra l’una e l’altra, verificare se si tratta solamente di pareri positivi (o negativi, dipende dal caso).

False recensioni, i modelli utilizzati da alcune piattaforme

Comportamenti che, come detto, rischiano di minare la credibilità e il successo di un’azienda, di un prodotto, di un servizio o di un locale. Perché le recensioni online danno un impulso decisivo al commercio e alle vendite, perché gli studi confermano come le persone facciano un grandissimo affidamento alle esperienze di altri prima di decidere se effettuare o meno un acquisto. E per tentare di mettere dei paletti alle false recensioni, grandi operatori hanno aggiornato le proprie linee guida e i modelli di controllo dei giudizi online. Come, per esempio, fa TripAdvisor che nel suo regolamento parla di cinque strumenti alla base della verifica delle recensioni degli utenti:

  • analisi dei dati attraverso l’utilizzo di un algoritmo di apprendimento automatico per l’analisi di diversi fattori (tra cui frequenza e contenuto);
  • verifica dell’autenticità dell’utente, con verifica dell’indirizzo mail inviato in fase di registrazione ed (eventuale) profilo social connesso;
  • confronto con altre recensioni scritte dallo stesso profilo-utente al fine di individuare dei modelli ripetitivi di comportamento;
  • revisione umana attraverso un team dedicato di esperti che analizzano i dati o esaminano le segnalazioni di altri utenti;
  • collaborazione con le autorità per individuare e rimuovere le recensioni false.

Questi cinque punti rientrano anche all’interno della policy sulle recensioni di un altro portale come Airbnb. A tutto ciò, però, il sito che mette in contatto le persone che cercano un alloggio “a tempo” con altre che mettono a disposizione i propri spazi ha inserito un altro tipo di “verifica” che passa proprio dalla veridicità dell’esperienza: gli utenti che hanno effettuato una prenotazione possono pubblicare una recensione solo dopo aver effettuato il check-in (e per un periodo limitato di tempo). A questo si aggiunge anche un sistema di verifica dei dati dell’host in cui si richiede a questi ultimi di fornire informazioni dettagliate e verificabili sulla loro identità e sulle loro proprietà.

L’ultimo caso in analisi è quello di Booking. Anche in questo caso, i cinque paletti di Tripadvisor vengono utilizzati anche dall’agenzia di viaggi online, con alcune accortezze in più: un algoritmo, infatti, che rileva automaticamente le recensioni che sembrano essere non figlie di un’esperienza realmente vissuta. Questo algoritmo tiene conto di diversi fattori, tra cui la lunghezza della recensione, l’uso di parole specifiche e la posizione dell’utente.

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