I social veicolano altissime percentuali di disinformazione sul Covid che peggiorano la salute mentale

La disinformazione social sul Covid è tale da riuscire a influenzare la salute mentale delle persone

05/09/2022 di Ilaria Roncone

Lo studio si intitola “Infodemia e disinformazione sanitaria: una revisione sistematica delle revisioni” e l’Oms l’ha pubblicato negli scorsi giorni. I dati relativi ai post social sulla pandemia da coronavirus e sulle epidemie in generale parlano chiaro: i social sono pieni di fake news sul Covid. Nello specifico, il 51% dei post relativi ai vaccini fanno disinformazione, fino al 28,8% dei contenuti relativi al Covid sono fake news e – più in generale  quando si parla di pandemia il 60% delle informazioni veicolate via social sono false. Percentuali veramente alte, in riferimento a quanto accade da oltre un paio d’anni a questa parte sui social quando si tratta di coronavirus, che hanno un impatto importante sulla realtà che ci circonda.

LEGGI ANCHE >>> L’istituto di salute americano non ha approvato l’ivermectina come farmaco anti-covid

Social e fake news sul Covid: c’è un impatto negativo sulla salute mentale delle persone

Nel documento sono stati esaminati quattro studi che riportano le percentuali che abbiamo citato. Oltre a queste, c’è da aggiungere che – relativamente ai video diffusi su Youtube sul tema – anche in questo caso il 20%-30% del totale contiene informazioni definibili imprecise i fuorvianti. In che cosa si concretizza tutto questo? Nell’impatto negativo sulla salute mentale delle persone, con l’esitazione nei confronti del vaccino che aumenta e con le persone che chiedono più tardi le cure sanitarie adeguate.

Gli utenti della rete, investiti da una miriade di informazioni rispetto alle quali è difficile orientarsi, si ritrovano a provare disagio di tipo mentale, sociale, politico e/o economico quando si parla di pandemie, emergenze sanitarie e crisi umanitarie.

Come si batte l’infodemia? Con nuove policy contro la disinformazione

La lotta alla disinformazione social sul Covid e ai suoi effetti deleteri sulla salute mentale può essere fatta – secondo l’Oms – sul almeno due fronti. In primo luogo, si dovrebbe procedere «sviluppando azioni e politiche legali, creando e promuovendo campagne di sensibilizzazione, migliorando i contenuti relativi alla salute nei mass media e aumentando l’alfabetizzazione digitale e sanitaria delle persone». Dalle informazioni imprecise a quelle volutamente fatte per disinformare – come quelle relative alla propaganda per scopi politici – il ruolo delle piattaforma va compreso appieno ed è fondamentale nell’ampia diffusione dei contenuti.

«Durante crisi come focolai di malattie infettive e disastri, la sovrapproduzione di dati da più fonti, la qualità delle informazioni e la velocità con cui le nuove informazioni vengono diffuse creano impatti sociali e sanitari», scrive l’Oms, e per questo «tale diffusione di prove inaffidabili su argomenti sanitari amplifica l’esitazione sui vaccini e promuove trattamenti non provati». Tocca agli operatori sanitari e gli esperti – che trovano nei social un mezzo utile per smentire le fake news – e non solo «promuovere e diffondere informazioni sanitarie affidabili».

I social, comunque, vengono riconosciuti anche come mezzi utili per diffondere consapevolezza e conoscenza, maggiore conformità alle direttive indicate dagli istituti competenti e comportamenti positivi. Il punto è sempre quello, quindi: bisogna agire impedendo alla disinformazione di essere diffusa a mezzo social.

Share this article