Lo studio di Facebook sui diffusori di fake news sui vaccini: «Si sovrappongono ai QAnons»

Si tratta di un report dietro le quinte, di cui ha parlato il Washington Post

15/03/2021 di Gianmichele Laino

Un report dietro le quinte da parte di Facebook sui vaccini. Serve, sostanzialmente, a capire che ruolo ha avuto la sua community nella diffusione di false informazioni sulle vaccinazioni anti coronavirus e sul sentimento diffuso nei confronti del siero sul social network. Menlo Park, infatti, si è mostrato attento al proprio ruolo informativo in questo momento particolarmente delicato, controllando in maniera più capillare i contenuti no-vax a partire dal mese di ottobre e bloccandoli in maniera piuttosto diffusa a partire dal mese di dicembre. Tuttavia, la ricerca mostra comunque uno spaccato preoccupante rispetto a quanto accaduto negli Stati Uniti.

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Facebook sui vaccini, la ricerca sui macro diffusori di fake news

Si tratta di un problema comune ed è molto facile che quanto accaduto oltre oceano avvenga, in qualche forma, anche in Italia. Si pensi ai dati che abbiamo a disposizione per il nostro Paese, quelli di Reputation Science: secondo l’istituto che calcola il sentiment sui social network (soprattutto nei confronti di alcune aziende), soltanto il 41% degli italiani su Facebook ha una buona reputazione dei vaccini. Il che fa il paio con la diffusione di fake news a partire da singoli macro-diffusori che, successivamente, creano post dalla vastissima portata (proprio ieri vi abbiamo parlato del caso legato al cosiddetto fenomeno ADE).

Una situazione, a quanto pare, analoga a quella che si è verificata negli Stati Uniti. Già, perché Facebook ha diffuso i suoi campioni analizzati (secondo quanto riportato dal Washington Post, pari a circa 3 milioni di persone) in 638 segmenti. Di questi, soltanto 10 contenevano il 50% di tutti i contenuti no-vax sulla piattaforma. E nel segmento con il numero maggiore di questi contenuti, 111 utenti hanno contribuito alla creazione della metà di tutti quelli no-vax analizzati. Dunque, molto incide l’effetto bolla: si parte da un singolo che diffonde un messaggio e il messaggio si propaga, coinvolgendo anche altri utenti.

Sempre la ricerca ha certificato che gran parte di questi macro-diffusori di fake news sui vaccini si sovrapponeva agli utenti legati a QAnon, il movimento complottista di estrema destra che è salito agli onori della cronaca nel corso delle elezioni americane, con il deciso supporto nei confronti di Donald Trump. I soliti noti, quindi, che Facebook ha provato a bannare dalla propria piattaforma, soprattutto dopo i fatti legati all’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Gli utenti legati a QAnon, in modo particolare, si sono dimostrati scettici – secondo la ricerca di Facebook – sul rapporto tra il piano vaccinale e l’autorità. Perché per questi complottisti è sempre il potere costituito a essere messo in dubbio, più che la scienza in sé.

La zona grigia sui vaccini in Facebook

Resta comunque ampio il ruolo di tutti quei contenuti che restano in una cosiddetta “zona grigia”. Non sono contributi apertamente no-vax, non sono post che possono essere catalogati come dannosi per le policy di Facebook. Al contrario, si tratta di testimonianze di persone comuni che, pur non sostenendo apertamente teorie anti vaccinali, raccontano esperienze o aneddoti che possono contribuire ad aumentare la sfiducia nei confronti dei vaccini. È proprio qui, forse, che si annida il problema dei social network in generale (non soltanto di Facebook, sia chiaro) nei confronti del sentiment diffuso sui vaccini: i social hanno un ruolo importantissimo nell’informazione, percepita come alternativa rispetto ai media tradizionali (e quindi più legata alla “vita reale”). Per questo, l’utente medio tende a condividere l’esperienza del suo pari, soprattutto se quest’ultima va contro l’opinione generalizzata. È un vecchio meccanismo, indipendente dall’argomento trattato, ma che può contribuire a veicolare idee particolarmente sbagliate su tematiche estremamente delicate come quella dei vaccini anti coronavirus.

Facebook sottolinea la sua costante collaborazione con le autorità sanitarie e ricorda come il monitoraggio sulla piattaforma sia periodico, non soltanto relativamente alle fake news, ma anche nei confronti di tutti quei fenomeni – dalla nudità ai contenuti razzisti – che vanno contro le policy del social network.

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