Facebook e quei rapporti-non rapporti che non convincono per niente

Facebook ha pubblicato il primo rapporto trimestrale del 2021 in ritardo e il secondo con informazioni non del tutto veritiere

24/08/2021 di Giorgia Giangrande

Recentemente, Facebook ha deciso di pubblicare un report trimestrale per dimostrare di essere «la piattaforma più trasparente di internet», come ha detto il vice presidente dell’integrità Guy Rosen. Tale report fa riferimento al secondo trimestre di quest’anno, ovvero al periodo aprile-giugno 2021, e propone una trasparenza non proprio trasparente. E il report del primo trimestre? È stato accantonato. Proviamo insieme ad indagarne le ragioni.

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Facebook è trasparente come dovrebbe?

Nell’ultimo periodo – e soprattutto in relazione alla pandemia da Coronavirus – Facebook è stato, purtroppo, un veicolo di trasmissione della disinformazione. Come vi avevamo raccontato in un precedente articolo, anche il presidente degli Stati Uniti Biden aveva accusato la piattaforma di «star uccidendo le persone» e, quindi, in qualche maniera Facebook doveva rendere conto del contrario. Il punto è che, pubblicando il report, ha recato ancor più danno alla propria immagine (ma solo agli occhi di chi è in grado di leggere oltre le righe).

In un altro articolo abbiamo riportato quali post Facebook ha messo nell’elenco della top 20 dei più visti: una domanda fatta ai suoi followers da Christina Watts che chiede se sia opportuno aggiungere lo zucchero agli spaghetti; un puzzle di parole che invitava gli utenti a scegliere le prime tre parole che vedevano; un post che invitava gli utenti sopra i 30 anni a pubblicare una foto di se stessi per chiedere se sembravano giovani. Insomma, tutto particolarmente innocuo e coerente sì, ma con ciò che era Facebook ai suoi esordi ormai ben più di 15 anni fa.

Facebook e quel report non pubblicato

Ora come ora Facebook è tutt’altro. E questo il report – accantonato – del primo trimestre del 2021 lo spiega bene. Come segnala il New York Times, un rapporto simile a quello appena descritto era stato preparato dalla piattaforma per i primi tre mesi dell’anno, ma i dirigenti non l’hanno mai condiviso con il pubblico a causa delle preoccupazioni che sarebbero sorte nella società. In quel rapporto, in realtà, il link più visto era un articolo con un titolo che suggeriva che il vaccino era stato la causa della morte di un medico della Florida, visto – pensate un po’ – da ben 54 milioni di utenti negli Stati Uniti.

Vicino al rilascio pubblico, il rapporto è stato poi accantonato perché alcuni dirigenti hanno discusso se questo avrebbe potuto causare un problema di pubbliche relazioni. Un portavoce di Facebook ha detto che il motivo sarebbe da rintracciarsi nelle correzioni da apportare al documento, ma c’è da riflettere sulla veridicità di queste dichiarazioni. I dirigenti di Facebook, tra cui Mark Zuckerberg, si discolpano dalle responsabilità che sono state loro addossate per quanto riguarda la diffusione delle fake news e hanno detto che la piattaforma ha rimosso aggressivamente la disinformazione Covid-19 dall’inizio della pandemia. Una rimozione massiccia pari a oltre 18 milioni di contenuti disinformativi.

Facebook, però, ultimamente sembra più interessato a questi tentativi di discolparsi piuttosto che a una comunicazione chiara sul come stanno realmente le cose. I post carini e innocui sulle prime parole che vedi o sugli spaghetti e zollette rappresentano lo 0,1% dei contenuti con cui ogni giorno si interfacciano gli utenti della piattaforma. Perché pubblicare un documento vero soltanto parzialmente? Come si può far fede a un report che sembra più voler placare la stampa che fornire un’effettiva trasparenza dei propri contenuti.

Vogliamo smettere di credere che i contenuti più visti siano apolitici e concernenti ricette o frivoli giochini da boomer? Chi ha orecchie per intendere, intenda. Noi vi abbiamo fornito soltanto un’analisi per trarre le vostre conclusioni.

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