Cosa sta succedendo, di nuovo, tra Agcom e Meta sull’equo compenso

Il TAR del Lazio ha bloccato il regolamento dell'AGCOM che prevede un compenso per gli editori utilizzati per piattaforme social come quelle di Meta. Il tutto nonostante il regolamento europeo. Ora il ricorso al consiglio di Stato

15/02/2024 di Gianmichele Laino

Non c’è assolutamente pace per chi – come gran parte dei piccoli e medi editori italiani – sta aspettando da anni che possa entrare in vigore il regolamento per l’equo compenso a loro dovuto da parte delle piattaforme social come quelle made in Meta, ad esempio. Nonostante nello scorso anno fosse stato licenziato il regolamento di Agcom con cui si recepiva, anche in Italia, la norma europea che prevedeva l’equo compenso per gli editori, negli ultimi mesi si è assistito a un iter davvero poco edificante, tra le aule dei tribunali amministrativi. La prima doccia fredda era arrivata con la bocciatura del Tar del Lazio al regolamento, in seguito a un ricorso portato avanti proprio da Meta. L’azienda di Menlo Park riteneva eccessivamente invasivo il ruolo di arbitro che l’Agcom si era ritagliato. A fine anno, dunque, era stato messo tutto in ghiacciaia: il regolamento non poteva essere applicato, in virtù proprio della sussistenza del ricorso e del pronunciamento del tribunale amministrativo di primo grado. Adesso, l’autorità garante delle comunicazioni ha deciso di andare avanti con la propria battaglia, chiedendo di andare in appello al Consiglio di Stato.

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Equo compenso e ricorsi vari: cosa sta succedendo

Ma cos’è che viene contestato al regolamento dell’Agcom sull’equo compenso. Come forse ricorderete, Giornalettismo ha seguito molto da vicino le fasi che hanno portato l’autorità a redigere questo documento. Il nostro gruppo editoriale aveva anche proposto delle osservazioni su questo regolamento, nella fase istruttoria: a questo link potete trovarle. L’Agcom, di fatto, aveva previsto un suo ruolo molto presente all’interno delle trattative: se, infatti, un editore non fosse stato soddisfatto degli economics proposti da una Big Tech per l’utilizzo dei propri contenuti, si sarebbe potuto rivolgere ad Agcom che, da sola, aveva il potere di stabilire effettivamente una cifra da corrispondere all’editore stesso.

Questo ruolo di arbitrato, in realtà, è stato visto come eccessivamente pervasivo dal Tar del Lazio che, addirittura, aveva osservato come questa cosa fosse al di fuori dei confini previsti dal regolamento europeo stesso. Da qui la decisione di sospendere il regolamento che, pertanto, non è stato possibile applicare. Non solo: il Tar del Lazio ha chiesto l’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea per dirimere la questione. Ma questa cosa significherebbe un pronunciamento non prima di 12-16 mesi (sono questi i tempi tecnici dell’istituzione con sede a Lussemburgo).

Insomma, la giustizia amministrativa italiana, dopo il ricorso di una multinazionale straniera (Meta), ha deciso di bloccare l’applicazione di un regolamento che avrebbe potuto dare un po’ di respiro al mondo della piccola e media editoria italiana. Il ricorso al Consiglio di Stato sa davvero di ultima spiaggia per sperare di ottenere una risposta in tempi brevi.

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