Lo studio dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna che può aiutare a dimezzare le vittime del Covid

La ricerca è stata pubblicata su Lancet

31/08/2020 di Ilaria Roncone

L’idea arriva dall’Emilia-Romagna, precisamente dall’ospedale Sant’Orsola di Bologna. A condurre lo studio è stato Marco Ranieri insieme al suo team analizzando i danni del Covid ai polmoni. La scoperta è che una diagnosi precoce di quello che viene chiamato “doppio danno” può ridurre la mortalità di chi arriva in terapia intensiva fino al 50%. La ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet ha coinvolto 301 pazienti ricoverati in numerosi ospedali italiani e ha visto la collaborazione di Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità e membro del Cts.

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Cos’è il “doppio danno” e perché diagnosticarlo può salvare vite

Secondo questo studio nei pazienti che arrivano in terapia intensiva si registra un “doppio danno” del coronavirus che danneggia sia gli alveoli -il cui compito è prendere l’ossigeno e cedere l’anidride carbonica – che i capillari – i vasi dove avviene lo scambio tra anidride carbonica e ossigeno – dei polmoni; il 60% dei malati in terapia intensiva che raggiunge questa condizione muore. Scoprire questa doppia ferita in tempo, ovvero tramite una diagnosi precoce, è possibile – tramite le cure adeguate – salvare fino al 50% di vite in più. Lo studio condotto dal team dell’ospedale bolognese ha portato alla luce che quando solo una delle due parti dei polmoni viene danneggiata la mortalità del Covid si ferma al 20% mentre quando entrambe vengono danneggiate la mortalità sale al 60%.

Come individuare il danno

Il “doppio danni” è facilmente diagnosticabile per tempo utilizzando la misurazione di due parametri che indicano come funzionano i polmoni: «Oggi il riconoscimento rapido del fenotipo col “doppio danno” consentirà una precisione diagnostica molto più elevata e un utilizzo delle terapie ancora più efficace, riservando a questi malati le misure terapeutiche più aggressive», hanno spiegato gli studiosi, garantendo così cure meno invasive e meno pesanti a chi invece ha il danno singolo e può essere curato in sub-intensiva. Il dottor Marco Ranieri è già noto per aver inventato il doppio ventilatore durante l’emergenza. Questo sistema permette di collegare due pazienti contemporaneamente al medesimo macchinario fronteggiando egregiamente i terribili momento in cui non c’erano abbastanza posti letto per tutti. «Un altro esempio dell’eccellenza della sanità pubblica dell’Emilia-Romagna e della qualità professionale di chi vi lavora. Non solo nei mesi più difficili della pandemia il sistema sanitario regionale ha contribuito in maniera decisiva a gestire un’emergenza senza precedenti, ma allo stesso tempo ha gettato le basi per segnare un significativo passo in avanti nella lotta al virus, che potrebbe portare a raddoppiare il tasso di sopravvivenza nei pazienti più gravi nell’attesa del vaccino, speriamo tutti la più breve possibile», ha commentato il presidente della regione Stefano Bonaccini.

 

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