Salvini: «Non penso che il Signore sia fiero di avere come portavoce uno come don Giorgio»

23/09/2019 di Enzo Boldi

Questa mattina nel tribunale di Lecco è andata in scena l’udienza sul caso Don Giorgio De Capitani, il prelato querelato da Matteo Salvini per gli insulti scritti sui social nei suoi confronti. Dopo le parole davanti al giudice, però, il leader della Lega ha abbandonato l’aula, non ascoltando la replica del prete. La mattinata davanti ai magistrati si è conclusa con un altro rinvio del processo, rimandato all’11 novembre. Nel frattempo, però, il segretario del Carrocio si mette nei panni di Dio e commenta lo stato morale dell’Onnipotente di fronte a questa situazione.

«Domenica costui porta la parola del Signore e non penso che il Signore sia fiero di avere come portavoce uno come don Giorgio – ha detto Matteo Salvini all’interno dell’aula del Tribunale di Lecco -. Siamo in Italia e mi rivolgo alla giustizia italiana, poi c’è la giustizia divina e il signore giudicherà tutti e anche me che sono un peccatore. Accetto critiche da tutti, ma non da un prete». Non capiamo perché non debba ascoltare le critiche – sicuramente poste in modo sbagliato da Don Giorgio De Capitani – di un membro della Chiesa. Un parroco che anche in passato ebbe diverse uscite censurabili, ma che possono essere punite a livello terreno. Per chi crede, infatti, vale la giustizia dopo la morte che non ha nulla a che vedere con i giudizi terreni.

La querela di Salvini a Don Giorgio De Capitani

Ma fa riflettere che la pratica del buon cristiano venga messa in un cassetto quando Salvini decide di mettersi nei panni di Dio ed estrinsecare quali sono i possibili sentimenti dell’Onnipotente di fronte a un esponente della Chiesa. Manca il senso logico – e anche di fede – di questa dichiarazione in cui si mette nella posizione di portavoce di Dio. «Mi stupisce che nessuno abbia preso provvedimenti, se per loro è normale che qualcuno con abito talare possa usare certi termini, non mi permetto di giudicare la Chiesa – ha proseguito Matteo Salvini -, ma da cattolico penso che non sia bello farlo».

Parlare per conto di Dio

E se è già un peccato per un cristiano-cattolico giudicare un’altra persona, cosa può essere il mettersi nei panni ingombranti di Dio per dire ciò che è giusto o sbagliato o che sensazioni si possano provare nel vedere comportamenti (sicuramente errati) come quelli di Don Giorgio. Alla fine, infatti, il miracolo è avvenuto: è arrivato il giorno in cui Salvini ha parlato per conto di Dio.

(foto di copertina: ANSA/ETTORE FERRARI + ANSA/PAOLO VERDURA)

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