Il fact-checking sul discorso di Putin che ha definito l’Ucraina «una invenzione di Lenin» (e altre corbellerie storiche)

Le parole del presidente russo per giustificare l'invio di truppe di peacekeeping nel Donbass sembra troppo persino per una personalità esuberante come Putin

22/02/2022 di Gianmichele Laino

La riscrittura della storia nel discorso di Putin che ha preceduto il riconoscimento delle repubbliche di Donetsk e di Luhansk e – contestualemente – ha dato il via a una operazione di presunto peace-keeping all’interno di quelle aree dell’Ucraina, sollevando la reazione carica di sgomento della comunità internazionale, si è spinta davvero oltre, persino per una personalità sui generis come quella del presidente russo, abituato fortemente a modellare l’informazione a suo uso e consumo. Un fact-checking sui passaggi più controversi del discorso di Putin può essere utile per capire anche come l’ecosistema mediatico debba muoversi nel prendere per buone le varie indicazioni che, in questi giorni, stanno arrivando dal Cremlino.

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Il fact-checking del discorso di Putin

«L’Ucraina è parte integrante della storia russa. Sono persone e famiglie con cui abbiamo legami di sangue. Le persone di questo territorio sono stati chiamati russi e ortodossi. L’Ucraina è stata creata da Lenin, è stato il suo creatore e il suo architetto. Questo processo iniziò praticamente subito dopo la rivoluzione del 1917, e inoltre Lenin e i suoi associati lo fecero nel modo più sciatto in relazione alla Russia, dividendo, strappandole pezzi del suo stesso territorio storico».

Si tratta sicuramente del passaggio più controverso che cerca, allo stesso tempo, di legittimare le pretese territoriali della Russia sull’Ucraina e di svilire, al contrario, la credibilità dello stato sovrano contro cui Putin ha mosso le sue truppe. Ma si tratta di una affermazione che difficilmente passerebbe a un esame di Storia dei Paesi slavi. Secondo Putin, infatti, l’Ucraina sarebbe stata creata da Lenin: la sua affermazione, si badi bene, non è un nostalgico richiamo al vecchio passato sovietico. Al contrario: Putin attribuirebbe ai bolscevichi la responsabilità della creazione di uno stato diverso e a una presunta diramazione delle culture a un bivio storico di inizio Novecento.

In ogni caso, non è così. Il primo stato slavo – come ricorda anche il New York Times – è quello di Kievan Rus, risale al IX secolo e mette in comune le radici di Russia e Ucraina. Tuttavia, nel corso dei secoli, l’articolazione dell’attuale territorio ucraino è stata estremamente complessa. E se da un lato ci sono territori che hanno condiviso la matrice russa, dall’altro ci sono intere regioni che devono il loro sviluppo storico e sociale ad altre direttrici, ad esempio quelle dell’impero Austro-Ungarico. Per questo affermare che Russia e Ucraina siano una sola cosa è scorretto.

Altro passaggio controverso è quello secondo cui l’indipendenza Ucraina era stata favorita dalla debolezza dell’Unione Sovietica di Gorbaciov. Putin, in ogni caso, dimentica che nel 1991 c’è stato un referendum che, democraticamente, ha stabilito l’uscita dello stato dall’Unione Sovietica.

Tema preponderante della seconda parte del discorso di Putin, inoltre, è stato quello delle sanzioni imposte dall’Occidente. La propaganda del presidente russo sembra propendere per il fatto che, indipendentemente dall’esito dei colloqui dei prossimi giorni, l’Occidente avrebbe comunque imposto delle sanzioni alla Russia, «come già fatto in passato». Non bisogna dimenticare, tuttavia, che un corposo flusso di sanzioni da parte dell’Occidente era sì arrivato in passato, ma in conseguenza di altre azioni prevaricatrici da parte della Russia di Putin: nel 2014, vennero annesse Crimea e Sebastopoli, con un atto completamente unilaterale. Da quel momento in poi, le sanzioni hanno investito «le importazioni di prodotti originari della Crimea o di Sebastopoli, investimenti infrastrutturali o finanziari e la fornitura di servizi turistici in Crimea o a Sebastopoli, le esportazioni di determinati beni e tecnologie diretti a imprese della Crimea o destinati a essere usati in Crimea nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia o destinati alla prospezione, all’esplorazione e alla produzione di petrolio, gas e risorse minerali». Sono queste sanzioni a essere rinnovate di anno in anno: la loro ultima scadenza era stata fissata, in seguito all’ultimo Consiglio dell’UE in materia, fino al 23 giugno 2022. Ma non erano certo arrivate per il semplice gusto di mettere i bastoni tra le ruote a Vladimir Putin.

Foto IPP/sputnik/Aleksey Nikolskyi – Mosca

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