Ma il diritto all’oblio funziona solamente per i giornali?

Libri, canzoni, opere di diverso genere sembrano essere inattaccabili dal diritto all'oblio. E - come al solito - le spese le fanno i giornali

16/02/2024 di Gianmichele Laino

La differenza tra l’offline e l’online. La differenza tra informazione e intrattenimento. Possiamo basarci ragionevolmente su queste due discriminanti per stabilire quando e come possa essere realmente efficace il diritto all’oblio (e – prima ancora della codifica del diritto all’oblio – del diritto alla riservatezza). I punti fermi sono quelli stabiliti dalla Corte di Giustizia UE nel 2014 prima e dal regolamento europeo sulla privacy di quattro anni dopo. Se ci pensate bene, non è un caso che una disciplina così stringente su quello che viene percepito come un “nuovo diritto della persona” sia arrivata in concomitanza con la sempre maggiore pervasività del digitale all’interno delle nostre vite offline. È vero: inizialmente era previsto un diritto alla riservatezza, ma non prevedeva un’azione così diretta come quella che, dal 2014 in poi, è stata stabilita, ad esempio, per Google (che ha la possibilità di rimuovere contenuti segnalati direttamente, senza passare per i reali produttori di quegli stessi contenuti). Il vero elemento di passaggio, probabilmente, è stato inquadrato nell’immediata disponibilità delle informazioni. Cosa che – ad esempio – un film, una canzone, un libro non hanno, mentre internet sì.

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Diritto all’oblio e giornali vs diritto all’oblio e opere di ingegno

Come dimostrato dall’archiviazione della posizione di Fedez (era stata contestata al cantante un’opera all’interno della quale veniva citato il fatto di cronaca legato all’omicidio dei genitori da parte di Pietro Maso), le opere d’ingegno si sottraggono molto più facilmente all’applicazione del diritto all’oblio (o – in passato – del diritto alla riservatezza). Negli anni Novanta alcuni programmi trasmessi in Rai relativi a fatti di cronaca del passato o una fiction Mediaset sulla banda della Uno bianca, nonostante le opposizioni dei diretti interessati, erano stati mandati in onda, senza alcun motivo ostativo.

Oggi, invece, gli articoli di giornale per cui si chiede il diritto all’oblio vengono sistematicamente rimossi dal web. Talvolta, senza nemmeno che i diretti produttori del contenuto ne siano a conoscenza: tanto fa tutto Google. Per sua stessa ammissione, il colosso di Mountain View – vista la gran mole di richieste che si trova a gestire – non può in alcun modo filtrare le richieste di diritto all’oblio che riceve e, dunque, le accoglie tutte. Nessuna distinzione, dunque, tra fatti di cronaca realmente rilevanti per l’opinione pubblica e quelli meno rilevanti. Non c’è articolo o opera che tenga: il diritto all’oblio sembra valere solo contro i giornali.

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