Invece di colpire le Big Tech, il governo se la prende con le PMI

La modifica della Digital Service Tax rischia di penalizzare ancor di più le piccole e medie imprese

26/10/2024 di Enzo Boldi

La nuova legge di bilancio è alle porte e dovrà essere approvata, come da tradizione, entro la fine dell’anno. All’interno della cosiddetta “finanziaria”, presentata in conferenza stampa nei giorni scorsi, il governo ha pensato di aumentare la tassazione nei confronti di quelle aziende che si occupano dei servizi digitali. Attenzione: la norma già esiste dal 2020, ma ora si vogliono allargare le maglie non andando a colpire solo ed esclusivamente le Big Tech. Infatti, secondo le intenzioni dell’esecutivo, c’è l’intenzione di cancellare la soglia minima di fatturato (globale e in Italia) applicato a tutte le imprese – anche alle startup – l’aliquota del 3%. Dunque, le PMI italiane – che già vivono in enormi difficoltà – saranno messe sullo stesso piano (a livello fiscale) delle grandi aziende multinazionali. Dunque, questa modifica della Digital Service Tax (la ex Web Tax) va nella direzione opposta rispetto alla tutela delle aziende nostrane.

Digital Service Tax, la legge che penalizza le PMI

A oggi, l’aliquota del 3% viene applicata solamente alle aziende che offrono servizi digitali che hanno un fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro e un fatturato sul suolo italiano superiore ai 5,5 milioni di euro. L’equazione, dunque, è semplice: cancellando questa soglia, si giunge a un’equiparazione che rischia di mettere a repentaglio le già pochissime possibilità di concorrenza da parte delle PMI italiane nei confronti dei colossi stranieri.

Ma non c’è solo questo. Nelle ultime ore, il governo ha proposto l’aumento della tassazione sulle plusvalenze da criptovalute: si dovrebbe passare da ritenute del 26% a ritenute del 42%. Ma all’interno dello stesso esecutivo sono arrivate molte contestazioni e questa norma potrebbe essere stralciata dalla legge di Bilancio da un emendamento firmato Lega. E si parla anche di “fair share”, concetto che il governo aveva bocciato quando era stato proposto – solo qualche mese fa – dalla Commissione UE. Ora, però, si vuole provare a introdurlo in Italia all’interno della legge sulla Concorrenza.

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