Di Fra al comando, tattica e coerenza – L’editoriale di Pedullà
12/04/2018 di Alfredo Pedullà
Non avrà gli stessi sponsor mediatici di Mancini e Mihajilovic, ecco perché – quando vince – non gli dedicano l’attenzione che dovrebbero. Ma Eusebio Di Francesco fa spallucce, non gli interessa, è un uomo solo al comando. Della Roma, del drappello italiano in Champions, della tattica e dintorni, ma anche e soprattutto della gestione di patate bollentissime. Ecco perché, nella qualificazione alla semifinale e aspettando il sorteggio, lui idealmente una coppa l’ha già infilata nella sua bacheca personale.
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DI FRANCESCO, LE TAPPE VERSO LA SERATA TRIONFALE DELL’OLIMPICO
Un passo indietro, a gennaio. Tra una voce al minuto su Dzeko al Chelsea e le sentenze di chi – sbagliando – lo aveva messo a disposizione di Conte, il signor Di Fra aveva due strade: il silenzio, oppure la necessità di metterci la faccia. Il silenzio sarebbe stato pericoloso perché essere spugna 24 ore al giorno – con le radio romane che spingevano – avrebbe potuto creare ulteriori equivoci. Di Francesco ci ha messo la faccia, ha risposto alla solita cantilena della vigilia di partita (“Convocherai Dzeko?”) con un chiarissimo “fino a quando lo avrò a disposizione, lo utilizzerò”. Lo stesso Edin che era stato addirittura deriso, bollato, etichettato e definito quasi un bidone. In quel momento la società avrebbe dovuto scortare e tutelare Di Fra: non è una critica, in questi giorni di delirio non sarebbe giusto muovere appunti, ma una constatazione. Invece, lui un uomo solo al comando: anche nelle gestioni di vicende non strettamente tecniche che di solito appartengono al direttore sportivo, oppure scegliete voi a chi.
DI FRANCESCO, LA GENESI DEL 3-4-3
Che sia un allenatore di spessore, tatticamente parlando, lo ha dimostrato inventandosi una formula non certo banale. Il 3-4-3 all’improvviso mascherandosi dietro un “sono pazzo” che è un modo per sdrammatizzare. Ma che contiene la genialità di chi si sveglia la mattina e pensa di mettere in pratica una situazione che ha pensato e ripensato con la consapevolezza di chi era un maestro di schemi anche quando giocava. Dopo aver incassato qualche critica, apparsa non ingenerosa, per le scelte contro la Fiorentina. Quella doveva essere la Partita, troppe rinunce, cosa pensi di inventarti contro Messi e i suoi fratelli? Parole. La Roma che ha “ucciso” il Barcellona è stata debordante, asfissiante, tremendamente bella. E chi vuole sminuire il suo capolavoro parlando di un avversario in disarmo, è nato invidioso e morirà invidioso. E’ stata la Roma, soltanto la Roma, a rendere il Barcellona impotente. Quasi una forma di risarcimento per la rapina del Camp Nou, quel 4-1 così largo e ricco di ingiustizie avrà mobilitato gli dei del calcio. E soprattutto avrà ispirato l’allenatore che, al momento del dentro o fuori, ha sfoderato il sistema vincente.
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Di Fra al comando, un uomo solo, un allenatore che ha superato le correnti più complicate. Vorremmo dire comunque vada la stagione, anche se ovviamente la Roma non avrà intenzione di fermarsi. Aveva chiesto un esterno offensivo per tutta l’estate, è arrivato l’eccellente Schick che esterno non è. E poi il mercato di gennaio, e poi qualche altro equivoco, e poi la necessità di fare non soltanto l’allenatore, ma anche lo psicologo, il mediatore di problemi da risolvere, l’amico della porta accanto su cui sai di poter contare in qualsiasi minuto del giorno e della notte. Tutto questo in pochi mesi, con un premio (“lo scalpo catalano”) che per un allenatore ambizioso vale più di qualsiasi statuetta.
Vai Di Fra, hai fatto la doccia e gli altri devono arrivare. Come quelle corse ciclistiche di una volta. E se non hai sponsor mediatici poco importa. Il resto vale di più, molto di più.
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