CVD, non c’era bisogno di un “hacker” per trasmettere un film hard nella conferenza Zoom del Senato

In un post di Facebook che annunciava l'evento, la senatrice del Movimento 5 Stelle Maria Laura Mantovani aveva indicato link di Zoom, ID Riunione e Passcode

19/01/2022 di Redazione

«Qualcuno si è introdotto clandestinamente trasmettendo un video dal contenuto pornografico» – aveva commentato Maria Laura Mantovani, la senatrice del Movimento 5 Stelle che era stata tra le organizzatrici dell’evento sulla Pubblica Amministrazione trasparente, alla presenza del premio Nobel Parisi, che è stato caratterizzato da un momento di forte imbarazzo: un utente ha trasmesso una scena di un film porno che è stata al centro dello schermo per circa un minuto, prima di essere silenziata. Questo ha portato l’esponente pentastellata a rivolgersi alla Polizia Postale e alcuni quotidiani a titolare sull’azione di un presunto “hacker” che avrebbe fatto l’azione dimostrativa. Peccato che, ancora una volta, si parli di hacker a sproposito. Su un post Facebook di presentazione dell’evento, era stata la stessa Maria Laura Mantovani a diffondere il link Zoom del convegno, l’ID e il passcode necessari per accedervi.

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Dati convegno Zoom pubblicati dalla senatrice Mantovani

Andrea Lazzarotto, sviluppatore software e consulente IT, ha reso evidente questo aspetto, pubblicando uno screenshot del profilo Facebook della senatrice pentastellata:

E il post, alle 16.30 del 19 gennaio – due giorni dopo il fattaccio – è ancora al suo posto:

Insomma, nessun attacco hacker, nessuna intrusione clandestina. È come se qualcuno avesse spalancato letteralmente le porte a chi, evidentemente, ha colto la palla al balzo per ottenere il suo minuto di celebrità. Al di là del fatto – lo abbiamo già notato ieri – che un’istituzione pubblica tra le più importanti in Italia come il Senato non abbia una piattaforma proprietaria o di riferimento per trasmettere eventi in streaming (dovendo optare per soluzioni come quelle di Zoom), sembra davvero superficiale gridare allo scandalo o all’intrusione, quando con semplicità è stata pubblicata su un social network la “cartina geografica” per permettere agli utenti di collegarsi e di effettuare qualsiasi operazione. Il gap digitale delle nostre istituzioni è evidente. E lo si capisce anche da episodi come questo.

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