Il gioco delle tre carte di Meta sui dati con la funzione “cronologia dei link”

La novità ancora non è arrivata in Europa e in Italia, ma sta già facendo discutere per via degli obiettivi dichiarati: «Migliorare le inserzioni sulle tecnologie di Meta»

05/01/2024 di Enzo Boldi

Negli ultimi mesi, abbiamo parlato più volte della contesa tra l’Europa e la holding Meta sul trattamento dei dati personali degli utenti iscritti. Soprattutto per quel che riguarda la profilazione (e la conseguente targettizzazione) pubblicitaria. Ci sono state le risposte della Corte di Giustizia UE e dell’EPDB (lo European Data Protection Board) che hanno dato torto all’azienda di Mark Zuckerberg, con quest’ultima che ha provato a sorvolare sopra il problema “offrendo” agli utenti la possibilità di sottoscrivere un abbonamento mensile ai suoi social per non incappare nella pubblicità (quindi, per non vedere utilizzati i propri dati di navigazione). Ma ora, con la “novità” (più tardi spiegheremo il motivo di queste virgolette) della cronologia dei link su Facebook, la piattaforma sembra intenzionata a voler proseguire in quella direzione (contraria al GDPR).

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La novità non è ancora arrivata in Italia e in Europa. Probabilmente a causa dei paletti del Regolamento sulla Protezione dei dati personali degli utenti. In attesa di scoprire se tutto ciò sbarcherà, prima o poi, anche nel Vecchio Continente, molti utenti americani hanno visto comparire (nei giorni scorsi) questo pop-up.

Ovviamente, l’annuncio tenta di indorare la pillola, mettendo in primo piano la possibilità – per ogni singolo utente – di accedere a una cronologia (all’interno di Facebook) che contiene tutti quei link visitati (partendo dalla piattaforma social) nel corso degli ultimi 30 giorni.

Cronologia dei link Facebook, cos’è e come funziona

Vista così, sembra essere una grande opportunità per avere a portata di mano un contenuto esterno a Facebook che ci aveva incuriosito, ma di cui non ricordavamo la fonte. Insomma, l’attività di navigazione viene salvata in un unico posto. In realtà, la strategia sembra essere molto diversa. «Quando attivi la cronologia dei link, potremmo utilizzare le informazioni al suo interno provenienti dal browser mobile di Facebook per migliorare le tue inserzioni sulle tecnologie di Meta». Dunque, profilazione pubblicitaria e targettizzazione basata sulle proprie abitudine di navigazione. E il gioco è fatto. Esattamente quello che già accade da anni. Esattamente quello che l’Europa, con le sue normative, vuole evitare.

Esisteva già, ma ora è dichiarato

Tutto ciò, però, esisteva già. La cronologia dei link Facebook è solamente un output che mette a disposizione degli utenti una sorta di archivio (a tempo) dei link cliccati mentre si naviga lungo il feed del social network. Solo che, oggi, l’utente è consapevole del fine di Meta: utilizzare quei dati per le pubblicità. Insomma, è stato reso palese quello che accade da tempo. Da oltre dieci anni (ecco spiegate quel “novità” tra virgolette nel primo paragrafo). Di fatto, questa potrebbe addirittura essere etichettata come una spinta in avanti nella direzione di una corretta trasparenza comunicativa (in termini di privacy) da parte della holding di Menlo Park. Ma è altrettanto vero, che questo strumento non fa altro che confermare quello status quo già contestato dalle normative europee in termini di protezione dei dati personali degli utenti.

Si può dire di no?

Per fortuna, chi non vorrà vedere sotto i propri occhi la cronologia dei link Facebook e non concedere alla piattaforma questo tipo di “tracciamento”, potrà disabilitare questa opzione, come spiega la stessa piattaforma.

Pericolo scampato? Non proprio. Perché, come spiegato in precedenza, l’utente può negare il consenso all’accesso alla cronologia dei link, ma questo non lo tutela da una profilazione di stampo pubblicitaria. Perché da anni la piattaforma utilizza strumenti come MetaPixel, o di quello JavaScript di keylogging in grado di analizzare il comportamento dell’utente anche se, cliccando su un link, esce al di fuori della piattaforma. Dunque, si può dire di no a uno strumento. Non alla profilazione. A meno che non si decida di pagare un abbonamento.

 

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