“Il Covid può favorire il Parkinson”, lo studio degli scienziati australiani

La ricerca del Florey Institute of Neuroscience and Mental Health sull'impennata silenziosa di casi della malattia

24/09/2020 di Redazione

C’è un legame tra Covid e Parkinson? È la domanda che un team di scienziati australiani del Florey Institute of Neuroscience and Mental Health si stanno facendo, studiando in particolare, il potenziale legame tra Covid 19 e l’aumento di incidenza del Parkinson.

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Covid e Parkinson, il virus può causare danni alle cellule cerebrali

Secondo il professor Kevin Barnham del Florey Institute l’ipotesi di un rapporto tra Covid e Parkinson nasce dal fatto che “è acclarato” il fatto che il Covid “sia in grado di arrivare al cervello e al sistema nervoso centrale” anche se si sta ancora cercando di capire come. Barnham ha però sottolineato anche che “il virus può causare danni alle cellule cerebrali” innescando un “potenziale processo neurodegenerativo”. Queste teorie sono state inserite in un “revier paper” pubblicato sul Journal of Parkinson’s Disease, nel quale i ricercatori hanno evidenziato le potenziali conseguenze neurologiche a lungo termine del Coronavirus in un fenomeno ribattezzato “ondata silenziosa”. Gli scienziati però sottolineano che servono strumenti diagnostici più accurati per identificare precocemente il processo neurodegenerativo delle cellule e adottare un monitoraggio a lungo termine su chi è stato infettato dal virus.

Covid e Parkinson, l’importanza della perdita di olfatto

Tra i contagiati infatti, i sintomi neurologici variano da quelli più gravi, come l’ipossia, a quelli più comuni, come la temporanea perdita di olfatto. “Abbiamo scoperto che la perdita o la riduzione dell’olfatto è stata segnalata in media in tre persone su quattro infettate dal virus” ha spiegato la ricercatrice Leah Beauchamp, aggiungendo che nonostante questo sintomo possa non sembrare motivo di preoccupazione, in realtà “segnala che c’è un’infiammazione acuta nel sistema olfattivo”. E proprio l’infiammazione, secondo gli scienziati del Florey svolgerebbe un ruolo importante nella genesi delle malattie neurogenerative ed è stata studiata in modo approfondito nel morbo di Parkinson. Per questo ulteriori ricerche su queste malattie potrebbero rivelarsi fondamentali per valutare tempestivamente le conseguenze del Covid. L’obiettivo dei ricercatori adesso è elaborare un protocollo di screening accessibile che consenta di identificare le persone che rischiano di sviluppare il Parkinson o che si trovano nelle prime fasi della malattia. “Dobbiamo scuotere la comunità, facendo capire che il Parkinson non è una malattia della vecchiaia” ha evidenziato Barnham ricordando “le conseguenze neurologiche” che seguirono la pandemia di influenza spagnola nel 1918, col “rischio di sviluppare il morbo di Parkinson aumentò da due a tre volte”. Un precedente preoccupante per il “potenziale aumento globale delle malattie neurologiche”.

(foto di copertina dal sito del Florey Institute of Neuroscience and Mental Health)

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