Corte Suprema Usa, scontro totale per la sostituzione di Ginsburg

Pochi minuti dopo l'annuncio della morte del giudice il leader del GOP al Senato ha annunciato che il voto sul candidato scelto da Trump. Biden chiede che il sostituto sia nominato da chi vince

19/09/2020 di Redazione

Pochi minuti dopo l’annuncio delle morte di Ruth Bader Ginsuburg e la Corte Suprema Usa è diventata il centro dello scontro politico americano. Se infatti i democratici fin da subito hanno ricordato come, sotto Obama, il leader repubblicano al Senato, Mitch McConnell, abbia rifiutato di votare sul candidato scelto dal presidente dopo la morte del giudice Scalia 269 prima delle elezioni del 2016, lo stesso McConnell non ha perso temo annunciando immediatamente che il Senato voterà il candidato scelto da Trump prima delle elezioni.

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Lotta senza quartiere per la Corte Suprema Usa

L’annuncio di McConnell sul voto rapido per colmare il vuoto nella Corte Suprema Usa è proprio quello che i democratici temevano e sospettavano. Fin da subito infatti in molti ricordavano quando alla morte del giudice conservatore Antonin Scalia, a 269 giorni dal voto, il leader del GOP al Senato si rifiutò persino di sentire il moderato Merrick Garland, scelto da Barack Obama per sostituire Scalia, sostenendo che essendo in anno di elezioni era giusto che gli elettori votassero anche per la Corte Suprema. Uno sgarbo istituzionale mai visto prima, che ha creato un precedente pericolosissimo che però, a quattro anni di distanza, lo stesso McConnell ha deciso di sconfessare annunciando che “il prescelto dal presidente Trump verrà votato dal Senato degli Stati Uniti”. Una scelta che rischia di modificare per decenni il panorama politico degli Stati Uniti, già alle prese con un sistema elettorale che ha visto vincere il voto popolare ai democratici in quattro delle ultime cinque elezioni, eleggendo però tre volte presidenti repubblicani (due volte George W. Bush nel 200 e nel 2004 e Donald Trump nel 2016) e due democratici (due volte Obama nel 2008 e nel 2012).

Rischi e conseguenze del voto sulla Corte Suprema Usa

Se il gioco dei repubblicani sul voto per la Corte Suprema Usa sembra piuttosto chiaro, con la decisione di forzare un voto che porti i conservatori a sei su nove e modificando in maniera decisiva gli equilibri della Corte, i democratici sembrano disposti a tutto per evitare l’ennesima vittoria sul filo del regolamento dei repubblicani, con il candidato presidente Joe Biden che ha già detto che secondo lui il sostituto dovrebbe essere nominato da chi vince le elezioni. Se infatti la mossa del 2016 è probabilmente valsa la vittoria a Trump, col voto compatto e decisivo dei cristiani evangelici, stavolta la decisione potrebbe essere un colpo di mano figlio del timore di una possibile sconfitta il prossimo 3 novembre. Ma se già l’universo democratico ha ribadito più volte che farà di tutto per evitare la forzatura voluta da McConnell, anche nel partito repubblicano sembrano esserci voci fuori dal coro. Al momento infatti sarebbero tre i senatori repubblicani ad aver promesso di non prendere in considerazione un voto per un nuovo giudice della Corte Suprema Usa: Susan Collins, Chuck Grassley e Lisa Murkowski. Un numero insufficente per fermare McConnell perché col Senato che vede il GOP in maggioranza con 53 voti a 47, i tre “dissidenti” metterebbe il voto in parità, 50 a 50, col voto decisivo a quel punto del vice presidente Mike Pence che darebbe il là al candidato. Dei tre dubbiosi inoltre solo Collins è impegnata in una difficile campagna elettorale per la rielezione a novembre e, seppure sia stata una costante di questi anni con Trump quella di avere senatori repubblicani che per settimane dicevano no per poi votare a favore del presidente, stavolta la pressione potrebbe essere diversa.

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