Coronavirus, prof Alessandro Campi chiede aiuto alla mafia. Rettore e politica: “Intollerabile, ci dissociamo”

Il post di domenica sul coronavirus del professor Alessandro Campi ha sconvolto tutta Italia, ma soprattutto l’Università di Perugia. Il rettore Maurizio Oliviero infatti, è senza parole dinanzi alle parole del docente. Ricordiamo che Alessandro Campi ha postato sul suo profilo privato il seguente messaggio: “Chiedo alla mafia, alla ‘ndrangheta, alla Sacra corona unita e alla camorra di imporre, nei vasti territori da loro controllati, la quarantena domiciliare obbligatoria a tutti i loro corregionali improvvidamente rientrati a casa dai loro domicili al Nord rientranti nella zona rossa”. Un post inquietante, dopo poche ore scomparso da tutti i social.

coronavirus alessandro campi post shock
coronavirus alessandro campi post shock

A queste parole intollerabili di un uomo dello stato, perché un docente è un dipendente pubblico, che chiede aiuto alla mafia per combattere la diffusione del coronavirus è arrivata la ferma risposta dunque del rettore Maurizio Oliviero a nome di tutta l’Università di Perugia al Corriere della Sera:

“Il mio ateneo si dissocia completamente dalle dichiarazioni del professor Alessandro Campi perché siamo al fianco esclusivamente delle Istituzioni democratiche di questo Paese che proprio in queste sono chiamate a scelte difficili. Sono veramente dispiaciuto perché proprio la nostra Università sta avviando dei corsi di legislazione antimafia, in collaborazione con Libera di Don Ciotti, proprio perché crediamo prioritaria la lotta a tutte le mafie: è e deve essere un pilastro della formazione universitaria, civica e culturale dei nostri studenti. Non condividiamo proprio nulla dei contenuti di quel post su Facebook. Men che meno l’equiparazione delle mafie allo Stato. Per questo motivo ho chiesto spiegazioni al docente e spero che presto si scusi pubblicamente”.

Parole durissime sulla vicenda arrivano anche dal senatore Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare nazionale Antimafia:

“Ma stiamo scherzando!?!?… In questo momento di caos ed impazzimento di molti, sembra che anche politologi universitari perdano la trebisonda. Rivolgersi alle mafie come se le stesse abbiano il controllo del territorio è gravissimo, a prescindere da quanto si comunica loro. Spero ci sia una spiegazione”.

L’associazione Libera di Don Ciotti, che proprio con l’Università di Perugia ha siglato una partnership contro la mafia ha dichiarato:

“PAROLE INACCETTABILI, che lasciano di stucco e che sono ancor meno tollerabili visto che a pronunciarle è un docente universitario, che ha la responsabilità di formare centinaia e centinaia di giovani nell’Università di Perugia. L’aver cancellato il post non riduce di certo la gravità del fatto, visto che per SCRIVERLE quelle cose bisogna anche PENSARLE. Noi riteniamo che questo episodio gravissimo non possa non avere conseguenze ed auspichiamo che le istituzioni danneggiate, Ateneo e ministero, mettano in atto misure adeguate per censurare nettamente simili comportamenti”

La replica del professore sul post mafia-coronavirus: “Provocatorio, ma lascio i social”

Il professor Ciampi, attaccato e condannato in modo unanime per le sue parole, ha spiegato che si trattava di un post provocatorio per sdrammatizzare la situazione d’emergenza del coronavirus:

“Quando scrivi un post pensando che sia paradossale, provocatorio, ironico e iperbolico, salvo scoprire che c’è chi lo prende seriamente e alla lettera, la colpa non è mai degli altri che non capiscono ma di te che lo hai scritto evidentemente male. Non è questo tempo di paradossi grotteschi: la situazione è seria e le parole vanno ponderate». Inizia così un post di scuse, pubblicato oggi pomeriggio, dal professor Campi che tra l’altro scrive: «Non ho dunque alcun problema a scusarmi pubblicamente per quanto ho scritto. Ieri, viste alcune reazioni indignate (affiancate peraltro da commenti che sembravano aver colto lo spirito parossistico di quelle poche righe), avevo prontamente cancellato il post. Ma le polemiche sono egualmente continuate. Da qui la decisione di esprimere pubblicamente il mio rammarico. Un simpatico utente mi ha suggerito la via più breve e diretta: “perché non ammette, caro professore, di aver scritto una cazzata?. Bene, lo sto facendo! Essendo in buona fede e volendo dire cose ben diverse da quelle che alcuni mi hanno attribuito quest’ammissione non mi costa nulla sul piano personale”.

Subito dopo il docente annuncia di abbandonare i social:

“Va da sé che questa ammissione (sincera) di scuse vale anche come mio temporaneo (ma temo definitivo) congedo da Facebook e dalla blogosfera. Se il prezzo da pagare per un post venuto male è lo scatenamento di una simile bagarre, credetemi, non ne vale la pena. Chi mi conosce sa che sono una persona a dir poco tranquilla e amante della discussione (aggiungerei perbene e seria). Un confronto aspro lo reggo. Come si vede, non ho timore a prendermi le mie responsabilità o a chiedere scusa se qualcuno si è sentito toccato da quel che ho scritto. Ma di un’altra polemica come questa, magari fra tre mesi o sei, e sempre per qualche parola di troppo o per un pensiero venuto male o mal compreso, francamente non sento alcun bisogno”.

Non possiamo far altro che unirci allo sdegno per le sue parole sul coronavirus

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