Coronavirus, Gasperini pragmatico: “A Napoli e Roma non ce la farebbero, dovevamo continuare a porte chiuse”

L’Atalanta ha scritto una meravigliosa pagina di sport con i quarti di finale raggiunti nella loro prima storica partecipazione alla Uefa Champions League, ma il coronavirus non ha permesso agli orobici di festeggiare e godere pienamente di quanto raccolto sul campo di Valencia. Giampiero Gasperini è il grande alchimista che ha saputo amalgamare una squadra di giovani talenti capace di diventare una macchina da gol in grado di segnare ben 7 gol in due singole partite di Serie A e 8 gol in due gare al Valencia. Una grande soddisfazione, a cui però è seguita la frustrazione per l’interruzione del campionato imposta dal governo per Coronavirus come ha raccontato al Corriere dello Sport:

Oggi non sappiamo cosa cazzo fare, vorremmo allenarci un po’. Non chiediamo tanto. I ragazzi sono disorientati. Ci dicono di stare in casa, di non uscire, non è semplice, ci adegueremo perché queste sono le direttive del governo. Il momento… Come tutti, non abbiamo un’idea del futuro. Solo incertezze. Sulla serie A, sulle coppe. Si andrà avanti? Giocheremo ancora? Sappiamo solo che abbiamo superato il turno e che siamo messi bene in campionato. Tra un po’ chiuderanno tutto, le imprese. Viviamo sospesi (…). “Troviamoci”, insistono i ragazzi. Ma troviamoci dove, se non è consentito? Nelle strade ci sono i posti di blocco, la percezione del dramma adesso è completa. La peste, è come la peste. La nostra vita è cambiata, la vita di tutti è cambiata”.

Gasperini poi usa parole sconcertanti parlando del coronavirus mettendo in mezzo le città di Roma e Napoli, ritenute meno all’altezza del nord davanti ad un eventuale emergenza sanitaria:

“State a casa, state in famiglia, non uscite. E da queste parti, in Lombardia, siamo sufficientemente organizzati, pur se in difficoltà. Mi chiedo cosa potrebbe accadere a Roma, a Napoli. Ci adatteremo, è la specialità di noi italiani. La vita prevale sullo sconforto. Siamo dentro un altro mondo, peggiorato di brutto” 

L’allenatore del miracolo Atalanta non è d’accordo con la decisione di sospendere il campionato, che secondo lui poteva anche avere una sorta di potere taumaturgico verso l’ansia da coronavirus regalando qualche ora di spensieratezza al pubblico:

“Avevo gradito quel passaggio del primo decreto che consentiva al calcio professionistico di proseguire a porte chiuse, perché la funzione sociale del calcio soprattutto in situazioni di emergenza è chiara. Quando siamo rientrati a Bergamo non c’erano tifosi ad attenderci, giustamente. Ma da stamattina abbiamo ricevuto centinaia di attestati, messaggi di persone che per novanta minuti non hanno pensato che al pallone. Il calcio come antidepressivo, come forma di sopravvivenza, è così che lo considero. Le abitudini sono importanti, e non solo per noi italiani la visione di una partita, una parentesi di leggerezza, può risultare addirittura terapeutica. Hanno voluto dare un segnale forte, bah. Bisognava andare avanti con le porte chiuse, io la penso così”.

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