Il network italiano di AI non condivide sui social e non monetizza, ma cita i nomi dei brand: come guadagna?

Tuttavia, non sembrano esserci collegamenti con i brand che vengono citati negli articoli

10/07/2023 di Gianmichele Laino

Contare esattamente, in un articolo, il numero di punti vendita di Starbucks in Italia è qualcosa di molto simile a un contenuto sponsorizzato, uno di quelli che vengono denominati “redazionali” e che vengono acquistati dai vari brand come spazi di informazione pubblicitaria su siti internet di news (ma anche sui giornali cartacei). Sul sito setolu.com – uno di quelli che NewsGuard ha monitorato e che fanno parte del network italiano di portali generati con l’intelligenza artificiale – compare un contenuto dal titolo Scopri il numero esatto di Starbucks in Italia: quantità e luoghi. Nessun link a canali ufficiali di Starbucks, nessun link a punti vendita disseminati sul territorio italiano, nessun collegamento a un evento verificatosi all’interno di questi locali. Insomma, la forma sembra quella di un contenuto sponsorizzato, ma non sembrano esserci i presupposti per considerarlo tale. La domanda, quindi, è: come monetizzano i siti fatti con l’AI?

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Come monetizzano i siti fatti con l’AI? Il caso del network italiano

Ci sono degli aspetti che non possono non essere presi in considerazione. Innanzitutto, il fatto che nessuno degli articoli dei 36 siti esaminati da NewsGuard trovi una diretta corrispondenza su pagine o account pubblici sui social network. La condivisione via social – soprattutto Instagram e Facebook – è sempre stata considerata una vetrina importante per gli editori, che hanno utilizzato le piattaforme come una sorta di vetrina per promuovere i propri contenuti. Da lì, infatti, era possibile acquisire altro traffico non diretto e – quindi – aumentare il numero delle visualizzazioni. Non è il caso del network esaminato da NewsGuard: non ci sono pagine Facebook o account Instagram che corrispondano ai nomi dei siti analizzati, né i contenuti di questi ultimi sembrano trovare visibilità altrove.

Inoltre, sempre sui siti web, non si vede pubblicità. Né banner diretti, né servizi che aggregano contenuti pubblicitari. Alla fine di ciascun articolo, al massimo, c’è un rimando interno ad altri articoli correlati che sono stati pubblicati all’interno dello stesso portale. Il fatto che il gestore di questo network stia ottenendo profitto da questa operazione resta un mistero. Non sembra, al momento, seguire i business model tradizionali per il settore dell’editoria online. Ma non è detto che ciò non avverrà a breve.

Essendo recente come network, è possibile che – in questa prima fase – si stia semplicemente testando la produzione di contenuti attraverso intelligenza artificiale generativa. Il tutto, magari, per creare una base di partenza (per numero di contenuti, visualizzazioni, ma anche per keywords, tag, parole chiave e argomenti trattati in ottica SEO) su cui costruire successivamente un business che preveda anche condivisioni via social e sponsorizzazioni. Essendo sbarcata da poco nel mondo dell’editoria, ci sono ancora delle applicazioni imprevedibili dell’uso dell’intelligenza artificiale. Per questo, al momento, l’unica cosa che si può fare è monitorare la qualità dell’informazione proposta. E – qualora questa non dovesse essere all’altezza – segnalarne le problematiche.

Tuttavia, come detto, la presenza di riferimenti espliciti a brand in alcuni articoli potrebbe portare a un ipotetico accostamento tra questi brand e il resto dei contenuti pubblicati attraverso il network creato dall’AI generativa. Con danni d’immagine conseguenti per questi stessi brand, qualora non fossero a conoscenza di questa operazione da parte dei titolari dei siti web.

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