Se un’app funziona, in automatico compariranno dei suoi cloni-truffa
È successo in passato con piattaforme di successo, si sta verificando in queste ore con l'app Epik (che sta conquistando Usa ed Europa, ahinoi)
11/10/2023 di Gianmichele Laino
Alcuni sfruttano il lettering, altri sfruttano l’assonanza del nome, altri ancora l’iconografia, infine quelli che ripropongono una delle funzioni dell’app e la mettono al centro della propria offerta. Poi, alcune vengono rimosse dai meccanismi di moderazione interni all’app, altre invece resistono e sfuggono ai radar. Si tratta dei cloni di Epik, l’applicazione che sta letteralmente spopolando in Europa e negli Stati Uniti dopo essere stata lanciata in Corea del Sud già a partire dal 2021. E questi cloni nascono non perché venga individuato nel mercato dell’AI generativa che modifica foto come se ci trovassimo in un annuario del college negli anni Novanta, ma semplicemente per lo scopo da cui tutti dovrebbero stare attenti: ovvero, rubare i dati personali in maniera indiscriminata.
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Cloni di Epik negli app store, attenzione alle indicazioni truffaldine
Epik, come vi abbiamo spiegato, ha delle funzionalità a pagamento. Gli utenti sono sicuramente molto attratti da ciò che Epik può fare (soprattutto per quanto riguarda la funzionalità dell’AI yearbook) e per questo cercano delle scorciatoie che promettono loro lo stesso servizio, ma gratis. Insomma, tutti vogliono che le loro foto siano modificate con lo stile dell’annuario degli anni Novanta, ma non sono disposti a pagare. E sarebbe anche un proposito nobile, se non fosse altro che già cedere una propria immagine a una piattaforma terza rappresenta già una formula di pagamento. Ma questo è un problema di educazione digitale, su cui abbiamo già avuto modo di riflettere.
La questione dei cloni di Epik è che non riescono nemmeno a scambiare i dati personali che incamerano con un prodotto del genere, semplicemente perché il prodotto non esiste. Quello a cui sono interessati i gestori delle applicazioni che simulano Epik e che si presentano in questo modo sugli app store sono semplicemente i dati degli utenti che le scaricano. Un comportamento di questo genere, va da sé, non è corretto: lo prevede anche il regolamento dell’Apple Store, ad esempio.
«L’invio di app che impersonano altre app o servizi – spiegano da Cupertino – è considerato una violazione del Codice di condotta per gli sviluppatori e può comportare la rimozione dall’Apple Developer Program». Anche cambiare leggermente il nome di un’applicazione popolare o riprendere l’interfaccia utente di un’altra app potrebbe configurare un reclamo per possibile violazione della proprietà intellettuale. Va da sé, insomma, che i cloni di Epik abbiano i giorni contati. Ma questo non esclude che, nel frattempo, qualcuno potrebbe cadere nella trappola.