Non vuoi addestrare l’AI con i tuoi dati, ma paghi Epik per avere l’#AIyearbook?

Si tratta di una nuova app di intelligenza artificiale generativa in formato visuale. Tutti - anche personalità note - la stanno usando. Pagando due volte

11/10/2023 di Gianmichele Laino

Gli effetti delle serie tv sulla gente. O – se vogliamo – c’è anche la componente che nessuno di noi si è mai completamente distaccato dagli anni Novanta. Una nostalgia che, negli ultimi giorni, si è tradotta con l’utilizzo praticamente compulsivo dell’app Epik, una piattaforma basata su un sistema di intelligenza artificiale generativa che, partendo dalle fotografie scattate e condivise dagli utenti, trasforma quelle stesse immagini attraverso uno stile tipico delle ambientazioni da film e serie tv americane degli anni Novanta. Code di cavallo, occhiali con montature improbabili, accessori di moda con tante scritte e con numeri a caratteri cubitali stampati. Mentre all’estero l’app spopola da un po’, in Italia in questi ultimi giorni è salita alla ribalta in seguito al suo utilizzo da parte di personaggi dello sport e del mondo dello spettacolo, che – cavalcando l’ultimo trend sui social network – non si sono risparmiati nella condivisione pubblica dei risultati dell’impiego di Epik.

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Epik, l’applicazione che trasforma le nostre foto in icone anni Novanta

Ancora una volta a ispirare una piattaforma tutta digitale è stato il concetto di annuario scolastico, tipico dei college americani. Infatti, la funzionalità che maggiormente ha colpito gli utenti dell’app è quella #Alyearbook. Questa opzione è a pagamento, a differenza di alcune altre sezioni della piattaforma. Si tratta di cifre notevoli: 5,99 dollari per avere un annuario personalizzato che fornisce le foto in tempi più lunghi, 9,99 dollari se invece si preferisce l’immediata disponibilità di queste stesse immagini.

E qui casca l’asino. Perché – in realtà – noi “paghiamo” l’app Epik anche quando stiamo sfruttando le sue funzionalità base. Lo facciamo inserendo i nostri dati personali e i nostri dati biometrici (nel caso della condivisione di una nostra immagine e del fatto di metterla a disposizione dell’archivio personale dell’app). Tutte queste informazioni sono utili al sistema che sta dietro all’app Epik per addestrare il suo sistema di intelligenza artificiale. Un duplice vantaggio: database consistenti di dati personali e “allenamento” gratis per migliorare il prodotto. Davvero c’è bisogno di spendere altri soldi per un abbonamento e per ottenere un servizio di cui potremmo fare tranquillamente a meno?

Chi c’è dietro Epik? L’applicazione è stata sviluppata da una società IT sudcoreana, la Snow Corporation che l’ha lanciata in patria già nel 2021. Come spesso accade per queste applicazioni che si basano sull’AI generativa, è stato il 2023 il loro anno più significativo: le tecnologie hanno fatto degli importanti passi in avanti, gli utenti hanno iniziato a impiegarle con maggiore frequenza, le personalità influenti del mondo dello spettacolo e dei social network le hanno sdoganate ufficialmente, TikTok – con le sue challenge – ha contribuito a renderle virali. Il risultato è stato un ritorno di fiamma anche per l’app Epik che – dal suo lancio – ha totalizzato 92 milioni di download e che, nelle ultime settimane, è sbarcata con continuità nel mercato statunitense ed europeo.

Ancora una volta, però, c’è da fare i conti con i dati personali. In questo monografico di Giornalettismo cercheremo di capire anche quali sono le possibili contraddizioni tra quanto è dichiarato negli app store e quanto c’è scritto, al contrario, all’interno delle privacy policies interne alla piattaforma stessa. E – soprattutto – proveremo a spiegare perché, come spesso accade, stanno nascendo cloni truffaldini dell’app, che hanno soltanto lo scopo di rubare dati personali, senza nemmeno ripagare l’utente con una foto in stile anni Novanta.

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