Il precedente: il “cervello medico” di Google

Il principio alla base della ricerca presentata nel 2018 è lo stesso (ma con dati e parametri differenti) di Life2vec. Ma quel progetto, mai convalidato dalle autorità americane, è stato già superato da Med-PaLM 2 in termini di "concretezza"

04/01/2024 di Enzo Boldi

Il tema di un’intelligenza artificiale in grado di prevedere la data della morte di una persona non è nuovo. Oggi si parla di Life2vec, un modello di linguaggio studiato da un team di ricercatori danesi e statunitensi, ma già in passato si era parlato di uno strumento simile che aveva caratteristiche pressoché equivalenti, ma basato su un dataset numericamente più limitato e parametri differenti. Era il maggio del 2018, quando su Nature venne pubblicato uno studio condotto da alcuni ricercatori di Google sul cosiddetto “Cervello medico“.

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Partiamo dalla fine: le autorità americani non hanno convalidato quello studio. E, inoltre, quel “Cervello medico” è stato – di fatto – sostituito da innovazioni successive come Med PaLM-2. Detto ciò, proviamo a spiegare quali erano i principi alla base di questa ricerca che non ha trovato un seguito concreto. E tutto parte da uno studio, pubblicato su Nature e condotto da un team di ricercatori di Google, dal titolo «Deep learning scalabile e accurato con cartelle cliniche elettroniche». Dunque, già da qui si capisce il tema al centro della ricerca: l’intelligenza artificiale applicata all’analisi delle cartelle cliniche dei pazienti ospedalieri.

Cervello medico, lo studio del 2018 condotto da Google

Come detto, alcuni dei princìpi alla base di questa ricerca sembrano ricalcare quella effettuata in merito a Life2vec. In realtà, le differenze sono molte. Partendo dal numero di persone che hanno testato questo strumento (poco più di 216mila). Ma il punto di partenza era pressoché lo stesso: uno strumento di analisi in grado di accompagnare il lavoro dei medici. In che modo? Stando allo studio di Google (che parlava di un’accuratezza del 95%) analizzando le cartelle cliniche e restituendo una percentuale di probabilità di morte del paziente nelle 24 ore successive. Per farlo, si incrociano alcuni dati del paziente ricoverato (età, sesso, genere, condizioni cliniche del paziente e segni vitali) con il dataset utilizzato per addestrare l’algoritmo. Ma non c’era solo la probabilità di morte imminente: stando allo studio, l’Ai restituirebbe anche le probabilità di un nuovo ricovero per la stessa patologia (o per concause della stessa) nei prossimi mesi dello stesso paziente.

L’azienda Big Tech aveva puntato molto su questa soluzione, dicendosi pronta a commercializzarla non appena ottenute le autorizzazioni. In realtà, alcune fonti interne alla stessa società avevano espresse perplessità: in alcuni casi testati, l’AI non aveva preso in considerazione alcuni fattori cruciali presenti nelle cartelle cliniche. Dunque, un buco nell’acqua. In attesa di scoprire come stanno andando le sperimentazioni sul campo di Med PaLM-2.

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