È stata veramente colpa degli Houthi?

Ci sono molte indicazioni controverse nelle prime ricostruzioni

13/03/2024 di Enzo Boldi

Oggi che le tensioni in Medio Oriente non sono più solamente percepite, ma visibile agli occhi umani, ogni accadimento diventa uno strumento per rivendicazioni (vere o fittizie) e accuse (anch’esse vere e fittizie). Come nel caso dei cavi “tagliati” che scorrono lungo i fondali del Mar Rosso. Cavi che vengono utilizzati per la connessione a internet a livello globale. Quei collegamenti necessari (perché è sbagliato pensare che tutto avvenga tramite sistemi cloud) per consentire alla rete globale di funzionare correttamente.

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Nelle scorse settimane, alcuni di quei cavi sono stati danneggiati. Si parla di alcuni tagli che, di fatto, hanno impedito all’infrastruttura di funzionare, paralizzando – secondo le stime – tra il 17 e il 25% del traffico internet globale. Nello specifico, secondo i report ufficiali, sono quattro le grandi reti di comunicazione colpite: Asia-Africa-Europe 1, Europe India Gateway, Seacom e Tgn-Gulf. In tanti hanno immediatamente puntato il dito sugli Houti, al centro di una contesa – anche con l’Europa – proprio tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden.

Cavi Mar Rosso, il taglio è colpa degli Houthi?

Secondo le accuse, che non hanno trovato ancora una conferma ufficiale, il gruppo yemenita avrebbe intenzionalmente tagliato i cavi Mar Rosso, con l’obiettivo di interrompere le comunicazioni internet in molte zone. Occorre, però, sottolineare un aspetto: quando sono iniziate le tensioni, gli stessi vertici del movimento dei “Partigiani di Dio” aveva annunciato azioni simili a quelle poi effettivamente verificatesi sui fondali di quella stretta lingua di mare che divide l’Africa dall’Asia mediorientale. Dunque, sembra essere un’equazione piuttosto semplice. In realtà, sarà molto difficile trovare i reali responsabili diretti.

Gli Houti, infatti, hanno respinto le accuse al mittente, sostenendo di non aver mai effettuato questo tipo di azioni. E allora cosa potrebbe essere successo. Facciamo un piccolo passo indietro. Lo scorso 18 febbraio, un doppio attacco missilistico partito dagli avamposti dell’organizzazione yemenita hanno colpito un cargo britannico (ma battente bandiera del Belize) che trasportava diverse decine di tonnellate di fertilizzanti. L’equipaggio del Rubymar, questo il nome dell’imbarcazione, ha tentato di stabilizzare la nave, senza riuscirci. Nei giorni scorsi, infatti, è affondata proprio nel Mar Rosso. Ma nelle fasi cruciali di questo tentativo di salvataggio, era stata fatta calare una delle due ancore. E l’operazione stava per andare in porto: il cargo era riuscito a ottenere una parziale stabilizzazione, percorrendo quasi 40 miglia marine. Ma proprio quell’ancora, utilizzata per la stabilizzazione, avrebbe tranciato i cavi.

La conferma di questa ricostruzione plausibile (ma non certa) arriva anche da Seacom, uno dei provider internet vittima di questo “incidente”: «Il nostro team pensa che sia plausibile che l’interruzione dell’operatività del cavo possa essere stata causata dal trascinamento dell’ancora di quella nave, visto il basso fondale marino in molte parti del Mar Rosso. Ma questo può essere confermato solo una volta che la nave di riparazione sarà sul posto». Dunque, si può parlare – probabilmente – di responsabilità indiretta e non di azione decisa a tavolino.

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