La causa a Google che sostiene che l’azienda abbia sottratto dati senza consenso per addestrare la sua AI

Sarebbero stati coinvolti milioni di utenti, con conseguente violazione delle leggi contro il copyright

13/07/2023 di Gianmichele Laino

Google «ha segretamente rubato tutto ciò che è stato creato e condiviso su internet da centinaia di milioni di americani». È la conclusione della denuncia intentata dal Clarkson Law Firm – uno studio legale californiano che aveva già preso di mira Open AI, l’azienda che ha prodotto ChatGPT – contro Google per l’utilizzo di milioni di dati personali degli utenti americani al fine di addestrare l’intelligenza artificiale di Bard, il prodotto con cui il colosso di Mountain View vorrebbe fare concorrenza proprio a ChatGPT, inaugurando una nuova stagione per i motori di ricerca basati sull’intelligenza artificiale e per l’AI generativa.

LEGGI ANCHE > Si salvi chi Bard

Causa contro l’AI di Google, quali sono le ragioni dei ricorrenti

Google avrebbe sottratto a milioni di americani la cosiddetta digital footprint, ovvero l’impronta digitale che ciascuno di noi lascia quando naviga su una pagina web o quando interagisce, anche proattivamente, con una pagina web. Secondo gli avvocati che hanno presentato l’azione legale per addestrate l’intelligenza artificiale di Bard, Google si sarebbe servito anche di opere originali degli utenti dei suoi servizi, infrangendo anche le normative Usa sul copyright.

Dall’altro lato, Google ha difeso con forza il suo operato, sostenendo che le policies legate all’addestramento della sua intelligenza artificiale sono sempre state molto trasparenti. E che, tra l’altro, nei termini e nelle condizioni di utilizzo dei servizi di Google è stato esplicitato che le informazioni accessibili al pubblico possono essere utilizzate per effettuare le operazioni di scraping necessarie a migliorare lo strumento di intelligenza artificiale.

Su quest’ultimo aspetto, però, gli avvocati della Clarkson Law Firm non concordano affatto: «Google deve capire – dicono – che ‘disponibile al pubblico’ non ha mai significato ‘libero per essere usato per qualunque scopo’». Le persone, secondo i ricorrenti, non si sarebbero mai potuti aspettare – negli anni passati – questo utilizzo del colosso del motore di ricerca delle loro pubblicazioni su Google. Se l’avessero previsto – è il pensiero degli avvocati – avrebbero potuto fare a meno di utilizzare gli strumenti del colosso Big Tech.

La risposta di Google all’azione legale

In ogni caso, Google è pronto a dare battaglia: «Da anni sappiamo che utilizziamo i dati provenienti da fonti pubbliche, come le informazioni pubblicate sull’open web e i set di dati pubblici, per addestrare i modelli di intelligenza artificiale alla base di servizi come Google Translate, in modo responsabile e in linea con i nostri principi di intelligenza artificiale» – ha detto Halimah DeLaine Prado, consigliere generale di Google. Un uso che, secondo il colosso di Mountain View, sarebbe supportato dalla legge americana. Di conseguenza, Google si è detto pronto a dimostrare queste sue affermazioni anche in un tribunale.

Negli Stati Uniti, le norme legate alla privacy sono diverse da quelle disciplinate dal GDPR in Europa. Non a caso, spesso, ci sono state delle differenze e delle distanze nell’affrontare questo argomento, dal punto di vista legale, nei due continenti, con le aziende americane che si sentivano più libere di disporre dei dati personali degli utenti e i governi europei che, invece, rappresentavano una sorta di argine a questa prassi. Tuttavia, come dimostra anche questa causa legale, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ha risvegliato le coscienze anche oltre oceano, con una maggiore attenzione da parte dell’opinione pubblica per il tema dei dati personali.

Share this article
TAGS