La proposta di fornire la carta d’identità o usare lo SPID per creare un account sui social non funziona

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Se ne parla da tempo e in molti sostengono questa idea. Perché non può funzionare?

Luigi Marattin, deputato di Italia Viva, a ottobre 2019 aveva scritto in un tweet che stava lavorando a una proposta di legge per obbligare chiunque volesse iscriversi a un social network a presentare un documento come la carta d’identità al momento della creazione dell’account. Secondo alcuni esponenti di Italia Viva questa proposta avrebbe dovuto aiutare a contrastare e eliminare i comportamenti scorretti sui social, come l’incitamento all’odio. In realtà questa proposta presenta molte criticità e secondo alcuni non sarebbe neanche così efficace nel contrastare gli insulti online e altri comportamenti scorretti, questo perché ogni social network gestisce in modo diverso la moderazione dei contenuti e perché non è sempre chiaro cosa si intende per incitamento all’odio, per esempio. È probabile che fornire i propri dati personali prima di registrarsi su un social network potrebbe funzionare da deterrente per chiunque abbia intenzione di pubblicare un contenuto diffamatorio o insultare qualcuno online. Tra i sostenitori della necessità di fornire un documento prima di registrarsi sui social network c’è anche Carlo Calenda, leader di Azione. In un tweet pubblicato lo scorso maggio aveva scritto che l’unica soluzione per evitare l’esposizione di «ragazzini di dieci anni» e «profili falsi/anonimi che insultano» è «l’obbligo di registrarsi con identità verificata».



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L’opinione di Stefano Zanero: la carta d’identità per accedere ai social è un’idea «idiota»

Il professore di Cybersecurity Stefano Zanero del Politecnico di Milano ha spiegato in un thread su Twitter perché tutte le proposte simili a quelle di Marattin e di Calenda siano inutili e «idiote». Una delle ragioni principali è che l’anonimato online e sui social network in realtà non esiste, «esiste lo pseudonimato, ovvero la possibilità di usare un nickname o un nome finto anziché quello vero». Secondo Zanero lo pseudonimato è uno strumento utile e «positivo» perché consente, per esempio, «a un giovane LGBT di chiedere informazioni o conoscere persone senza rischi; consente a un oppositore politico di pubblicare la sua opinione senza ritorsioni; protegge in generale i deboli dai forti e dai bulli». Infatti, «i dittatori e i bulli lo detestano», scrive Zanero. Anche Elon Musk, che ha acquistato Twitter lo scorso ottobre, ha cercato di contrastare la profilazione di account parodistici o che fingevano di essere altre persone. Zanero continua spiegando che «chiunque usi un social network è rintracciabile (a meno di casi particolari) sulla base del proprio indirizzo IP» e solleva la questione della modalità di verifica dei documenti: chiunque potrebbe infatti registrarsi con un documento falso.



Zanero ha commentato anche la proposta avanzata nel 2021 dell’allora ministra per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale Paola Pisano di utilizzare lo SPID per accedere ai social network in un’intervista rilasciata a Start Magazine. La proposta di Pisano era rivolta in particolare ai minorenni che utilizzano i social e ai loro genitori. Secondo Zanero ogni ostacolo all’accesso al Web esclude potenzialmente molti utenti. «Attualmente non è possibile applicare il concetto del parental control a Internet, che è stato pensato per essere fruibile a tutti. Salvo non si voglia attuare un controllo da regime» ha spiegato Zanero, concludendo che quella di Pisano era una proposta « anti-tecnologica» e facilmente aggirabile tramite l’utilizzo di una VPN: queste leggi varrebbero infatti per l’Italia, ma è facile utilizzare una VPN per evitare di dover presentare un documento d’identità per utilizzare i social. Zanero è d’accordo invece con la proposta di Stefano Quintarelli che ritiene non sia necessario richiedere la carta di identità ma che sarebbe sufficiente ricorrere a un’identificazione indiretta, anche tramite SPID, per verificare l’età di chi prova a iscriversi a un social network.