Parliamo dei giornali italiani che hanno dato la notizia del “cancro di Putin” partendo da un «misterioso post su Telegram»
La notizia è rimbalzata prima sulla piattaforma e poi è stata ripresa dal "New York Post". Alcuni organi di stampa italiani hanno attinto a piene mani da una notizia (?) priva di conferme e riscontri reali
04/05/2022 di Enzo Boldi
I giornalisti hanno una carta dei doveri (che contiene anche tutti i riferimenti alla deontologia) in cui si fa riferimento alla gerarchia delle fonti. Può, dunque, un «misterioso post Telegram» diventare l’unico spunto per realizzare un articolo? La risposta, ovviamente, è no. Eppure molti quotidiani italiani si sono affidati alla classica dinamica della “Fiera dell’Est” cantata da Angelo Branduardi. In che modo? Riportando la notizia (?) del cancro di Putin e dell’imminente operazione chirurgica a cui dovrebbe essere sottoposto il Presidente delle Federazione russa nei prossimi giorni, lasciando il potere nelle mani di Nikolai Patrushev, capo del Consiglio di sicurezza della polizia federale. Ovviamente si tratta di una non notizia, visto che non vi sono informazioni ufficiali e fonti dirette e attestate.
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Perché parliamo di fenomeno “Fiera dell’Est”? Non per l’area geografica in cui si sta consumando questa narrazione priva di conferme ufficiali (quindi da fonti non attendibili), ma per la dinamica che ha portato a rendere virale una non-notizia. Si parte da un canale Telegram “misterioso” che viene ripreso dal New York Post che viene ripreso da tantissimi quotidiani italiani. Insomma, manca solo la chiusura con «che al mercato mio padre comprò». Ma partiamo dall’inizio. Il 2 maggio, sul sito del quotidiano americano di proprietà del gruppo News Corp di Rupert Murdoch ha pubblicato questa notizia.
«Putin si sottoporrà a un intervento chirurgico per il cancro, trasferisce il potere all’ex capo dell’FSB: rapporto (report)». Lanciata così, dunque, sembrerebbe un’informazione diretta proveniente direttamente da Mosca e dal Cremlino. Poi, però, leggendo tutto l’articolo si capisce come questa trama sia stata generata da un gruppo Telegram (Генерал СВР – General SVR) che conta oltre 230mila iscritti. In particolare tutto parte da un messaggio publicato lo scorso 28 aprile (scritto, ovviamente, con l’alfabeto cirillico e che qui proponiamo con la traduzione di Google).
Cancro Putin, i giornali italiani e l’uso delle fonti
Il più classico dei tam tam social a cui l’informazione, ormai da tempo, dà credito prima di verificare la veridicità di una presunta informazione. Tutto è partito (per quel che riguarda il giornalismo, travalicando il confine dei “doveri” di un giornalista) dall’articolo pubblicato dal New York Post. I giornali italiani come si sono comportati in merito a tutto ciò? Agevoliamo uno screenshot da Google News.
Questi, ovviamente, sono solamente i principali risultati della ricerca. Anche perché, già nel recente passato, questi e altri quotidiani avevano pubblicato la notizia (?) del presunto cancro alla tiroide di Vladimir Putin. Ovviamente, anche in quel caso, senza avere una conferma ufficiale di tutto ciò, se non le narrazioni che imperversano sui social. Ed è qui che il tema diventa molto delicato. Non sappiamo la reale situazione clinica del Presidente russo, né se sia affetto da una patologia. Perché non sono mai arrivate indicazioni in questa direzioni da fonti primarie o secondarie (e l’utente “x” sui social non rientra in nessuna di queste categorie).
Le regole deontologiche (quelle dimenticate)
Tralasciando il comportamento del New York Post, parliamo dei giornali italiani. Chi fa informazione, infatti, deve attenersi a Carte fondamentali sui diritti e sulla deontologia, ovvero tutte quelle prescrizioni (etiche e non solo) da utilizzare quando si redige un articolo e si rende pubblica quelle che viene etichettata come notizia. Parliamo, per esempio, della “Carta di Perugia” del 1995 che si occupa, in primis, di “Informazione e Malattia”. Partendo dall’articolo 3:
«È dovere del giornalista verificare le notizie in suo possesso ricorrendo a fonti attendibili e qualificate».
Ma all’interno della Carta di Perugia ci sono anche ulteriori spunti che, di fatto, condannano l’atteggiamento non-giornalistico di chi ha diffuso queste notizie sul cancro Putin e sulla sua presunta operazione chirurgica imminente. Come l’articolo 8:
«È impegno comune la non diffusione di informazioni che possano provocare allarmismi, turbative ed ogni possibile distorsione della verità».
I paletti, dunque, esistono. Le regole della professione giornalistica impongono a chi fa il giornalista di seguire delle determinate dinamiche, anche nella scelta dei criteri di notiziabilità. Per fare una sintesi: un qualcosa scritto sui social da un utente “X” – nel caso specifico è stato addirittura etichettato come «misterioso post Telegram» – non rappresenta una fonte utile per poter scrivere un articolo e pubblicarlo.
(foto IPP/Mikhail Klimentyev)