Brexit, e adesso?
16/01/2019 di Gaia Mellone
Più che una sconfitta, un vero e proprio disastro annunciato. L’accordo su Brexit proposto da Theresa May e concordato con Bruxelles è stato sonoramente bocciato dal parlamento britannico: solo 202 voti a favore contro i 432 contrari. È la sconfitta più grande della storia del inglese. Oggi Jeremy Corbyn presenterà la mozione di sfiducia contro la premier, e Theresa May è pronta ad affrontarla, di nuovo. Ma la domanda che sorge spontanea è: e adesso che succede?
Brexit, il Piano B
Theresa May era stata obbligata a preparare un piano B in caso di bocciatura. L’aveva di fatto incastrata il Parlamento approvando il 10 gennaio con 308 voti favorevoli e 297 contrari l’emendamento proposto dal conservatore ed ex procuratore generale Dominic Grieve. Lei aveva sottolineato che un’altro accordo non era contemplabile, ma la speranza è che, consapevole di una possibile bocciatura, si sia preparata qualcosa da presentare il 18 gennaio.
Mozione di sfiducia: se Theresa sopravvive
Theresa May era a malapena sopravvissuta alla mozione di sfiducia presentata dai suoi compagni di partito a dicembre, ma lo scenario in poco più di un mese è cambiato notevolmente. Il voto verrà espresso questa sera, intorno alle 20 italiane. I nordilandesi del Dup sono pronti a sostenere Theresa anche se hanno votato contro l’accordo, e la premier inglese non si è mostrata affatto spaventata. Se avesse ragione e rimanesse in carica, ha già annunciato che riaprirebbe gli incontri con deputati e parlamentari per trovare una soluzione – un’altra – che non scontenti nessuno. E per nessuno, si intende anche l’Unione Europea, sebbene dall’altro lato della manica abbiano detto forte e chiaro che non sono possibili negoziazioni ulteriori e diverse. Questo aprirebbe la strada all’opzione No-deal, che terrorizza tutti i deputati tranne i brexiters piu conservatori. Sarebbe una catastrofe: uscire dall’Unione Europea senza garanzie e accordi per tutelare i commerci, i cittadini europei residenti e non in Gran Bretagna, i legami commerciali ed economici con gli altri paesi. La paura per un no-deal, paradossalmente, è forse l’unico elemento di coesione.
Mozione di sfiducia: se Theresa cade
Se Theresa May venisse sfiduciata, il nuovo governo conservatore dovrebbe riprendere le fila di una matassa parecchio intricata. Ma c’è anche la possibilità che un nuovo governo non ottenga a sua volta la fiducia del Parlamento: in quel caso, scaduti i 14 giorni bisognerà indire le elezioni generali, da cui potrebbe uscire vincitore il partito laburista guidato da Jeremy Corbyn, che da tempo annuncia la necessità di far tornare alle urne i cittadini della Regina.
Il rimando di Brexit con un nuovo governo
Se Brexit dovesse passare nelle mani di un nuovo governo, sarebbe praticamente indispensabile far rinviare la scadenza del divorzio, previsto per il 29 marzo. Il Regno Unito dovrebbe chiedere all’unione europea più tempo prima di far scattare l’articolo 50. I leader europei, previdenti, hanno gia mostrato di essere disponibili a fare questa concessione.
Un nuovo referendum
Un’ipotesi improbabile ma che Jeremy Corbyn ha palesato ripetutamente. Moltissimi sondaggi fatti dopo il 23 giugno 2016 hanno mostrato che molti Brexiters avevano cambiato idea. Colpa della propaganda ingannevole dei fautori del Leave, colpa della poca informazione. Sta di fatto che un nuovo referendum potrebbe avere un esito completamente diverso ad oggi, ma con il senno del poi è facile cambiare idea. Indire una seconda consultazione sarebbe come passare un colpo di spugna su diversi concetti base della democrazia.
(credits immagine: © Tim Ireland/Xinhua via ZUMA Wire)