A Salvini non basta la bocciatura della Consulta, vuole anche raccogliere le firme per l’elezione del presidente della Repubblica

Matteo Salvini non riesce a incassare una sconfitta senza rilanciare. Sempre nel nome del populismo. Ieri, la Corte Costituzionale ha bocciato la proposta di referendum sulla legge elettorale, una consultazione popolare richiesta da otto consigli regionali a guida Lega o centro-destra. Una storia che non è piaciuta al leader della Lega che ha preso malissimo la bocciatura Consulta, affermando che la Corte Costituzionale stava bloccando il volere popolare (in realtà la richiesta di referendum è arrivata da otto consigli regionali e non attraverso le firme raccolte dagli elettori, mentre il popolo si sarebbe dovuto esprimere soltanto in un secondo momento) e che questo non è altro che il ritorno alla peggior politica italica.

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Bocciatura Consulta, Salvini rilancia: vuole l’elezione diretta del presidente della Repubblica

In realtà, la Corte Costituzionale non ha fatto altro che bocciare un tentativo di sovvertire i punti fermi della Costituzione sui referendum: questi ultimi devono avere come esito una legge perfettamente funzionante e, soprattutto, non possono prevedere leggi delega per modificare gli stessi provvedimenti, perché in questo caso sarebbe una sorta di referendum propositivo (non previsto dalla nostra Costituzione) mascherato.

La strategia dietro la bocciatura Consulta

Ma a Salvini la bocciatura della Consulta non basta. Il leader della Lega vuole sfidare ancora una volta la nostra carta fondamentale, annunciando – in nome del populismo – l’elezione diretta del Capo dello Stato. Nella giornata di ieri, subito dopo il comunicato stampa della Corte Costituzionale, Matteo Salvini non ha lasciato, ma ha raddoppiato: «Siamo pronti a raccogliere le firme per l’elezione diretta del Capo dello Stato». Per introdurla sarebbe necessaria una legge costituzionale che, per sua stessa definizione, non può essere oggetto di un referendum.

Insomma, Salvini sembra stia solleticando gli istinti degli elettori proponendo cose che, per l’ordinamento italiano, non possono essere proposte senza dei passaggi parlamentari. La strategia è sempre quella: cercare di delegittimare il ruolo delle due camere, sempre nel nome dell’uomo forte (e solo) al comando. La dottrina ‘pieni poteri’.

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