«L’uso di BikiniOff e app simili non può essere definito “ragazzata”»
Parlando con il segretario generale di Fondazione Carolina, Ivano Zoppi, abbiamo analizzato i rischi dell'utilizzo di BikiniOff e applicazioni simili da parte di minorenni che usano foto di altri minorenni
18/04/2023 di Ilaria Roncone
Quali sono i rischi dell’utilizzo di applicazioni come BikiniOff, sia da parte di chi inserisce le foto che di chi è soggetto di quegli scatti, quando si tratta di soggetti minori? E cosa comportano parole come quelle del gip Federico Falzone che – dichiarando il luogo a non procedere per irrilevanza del fatto in riferimento all’accusa di produzione e diffusione di materiale pedopornografico classificabile come deepnude – ha definito l’azione di due quattordicenni ai danni di una minorenne utilizzando una di queste app «impudenza ascrivibile a leggerezza tipicamente giovanile»? Ne abbiamo discusso con Ivano Zoppi, Segretario Generale Fondazione Carolina.
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Il deepnude non può pesare così poco
Fatto il dovuto chiarimento con un articolo di fact checking in cui abbiamo spiegato come non possa essere BikiniOff l’applicazione usata dai due ragazzi del caso archiviato dal Falzone, rimane pur vero che si tratta di un pronunciamento rilevante nell’ottica del cyberbullismo e di quelle azioni che – sfruttando applicazioni, intelligenza artificiale e tecnologie di ogni genere – portano a risultati che, oggi, sono stati definiti irrilevanti da un gip anche perché i ragazzini erano incensurati.
«Io ascriverei all’imprudenza tipicamente di un adulto incapace di leggere e capire il mondo dei ragazzi e le conseguenze che un’azione del genere può causare nei confronti di una ragazzina – ha commentato Ivano Zoppi ai microfoni di Giornalettismo -. Che cosa è irrilevante? Il fatto che si prenda l’immagine di una ragazza, l’identità di una ragazza, e la si metta alla mercé di tutti quanti trasformando una foto in una foto per altro, che potrebbe essere considerato materiale pedopornografico? Non ci siamo. Questa è la dimostrazione che il mondo degli adulti non ha ancora compreso che cosa possono significare e che cosa possono causare azioni irresponsabili, quindi che non c’è un mondo adulto che possa guidare questi ragazzi».
Si nota, secondo il segretario generale di Fondazione Carolina, la mancanza del mondo adulto che responsabilizzi in questo mondo adolescente che agisce sul web: «D’altronde, davvero, sembra proprio un segno dei tempi: gli adulti, in questo momento, non si stanno interessando dei ragazzi». Ciò che la giustizia ha definito «impudenza ascrivibile a leggerezza tipicamente giovanile», però, su qualsiasi persona subisca questo atto ha delle conseguenze.
E anche il fatto stesso che un gip abbia dichiarato il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto ha delle conseguenze: «Il fatto che quello che forse poteva essere l’ultimo o l’unico appiglio per gestire una situazione di questo tipo abbia definito irrilevante una cosa del genere, davvero, a questa ragazza non lascia molto scampo dal punto di vista anche psicologico», ha spiegato Zoppi.
Questo significa che «allora vale tutto, ci si può permettere tutto: tanto è in rete e tanto è irrilevante. Non è così. La storia di Carolina (Carolina Picchio, considerata prima vittima del cyberbullismo n.d.R.) ce lo insegna e tante altre storie, nel corso di questi anni, ce lo stanno insegnando. Ancora, la chat di questa scuola nel Lazio, in provincia di Latina, dove una quindicina di ragazzi hanno fatto un gruppo Whatsapp dove prendono di mira una ragazza definendola ebola, da evitare. Ma è tutto irrilevante fino a quando, poi, qualche ragazzo – purtroppo – proprio perché non c’è una rete di sostegno e di supporto creata dal mondo degli adulti non fa scelte che non sono più irrilevanti», conclude Zoppi non nascondendo una certa dose di amarezza per chi, come lui, quotidianamente è impegnato nel contrasto ad azioni come quelle che hanno visto BikiniOff e altri strumenti simili venire usati per compiere atti di cyberbullismo.
I rischi dell’uso di app come BikiniOff che non dovrebbero essere alla mercé di minori
Strumenti come BikiniOff – che, va precisato, dovrebbe essere accessibile solo a maggiorenni – comportano una serie di rischi non da poco non solo per chi ne subisce l’uso ma anche per chi li sfrutta attivamente. «I rischi sono, innanzitutto, legali. Tu stai andando a produrre un’immagine senza il consenso, stai andando a produrre un’immagine con contenuto pedopornografici», commenta Zoppi.
«Lì c’è proprio una mancanza di consapevolezza di quello che può accadere: tu sei scientemente responsabile di quello che stai facendo ma non ne hai contezza, non ne hai coscienza. Ho la conoscenza, perché questi strumenti so usarli benissimo, ma non ho la coscienza: questo è il grave, manca la coscienza che mi aiuta a discernere se quello che sto facendo può creare dei danni a un’altra persona oltre che a me stesso perché poi, diciamolo, ci mettono cinque secondi a sgamarci nel momento in cui pensiamo, tra l’altro, di essere protetti dal web e anonimi. In realtà, poi, sei facilmente identificabile».
Chi la definisce bravata contribuisce a normalizzare
«C’è quindi una leggerezza dei comportamenti, da un lato, e una normalizzazione di questi comportamenti – appunto – irrilevanti e ascrivibili a “sono ragazzate”. Peccato che questi atteggiamenti irrilevanti e ragazzate – ha evidenziato il segretario generale di Fondazione Carolina – mettano a rischio la vita delle persone, quindi con fermezza diciamo che occorre non tanto una regolamentazione ma applicare quelle che ci sono già: c’è un regolamento sulla privacy che sconsiglia, indica, obbliga l’età di 14 anni per aprire un profilo. Cominciamo a far rispettare queste cose. La domanda è: c’è una volontà politica? Delle istituzioni? O siamo ancora a cercare di dare la possibilità a tutti di entrare in rete perché, tanto, chi se ne frega?».
Del resto, «la patente si prende a 18 anni e se guidi prima trasgredisci una regola e vieni punito. Perché qui non ci sono delle conseguenze? Perché un ragazzino di 12 o 13 (il limite d’età per l’utilizzo è di 16 anni n.d.R.) anni può tranquillamente accedere a Telegram e fare quello che vuole?».
La punta dell’iceberg di una quotidianità che non consideriamo
Casi come quelli di cronaca che, in questi giorni, nominano BikiniOff e applicativi simili sono solo una parte di quello che è il reale: «Questo è solo la punta dell’icerberg di quello che gira su Telegram, lo sappiamo benissimo.C’è una mancanza totale di attenzione che rende, delle volte, anche frustrante il lavoro di realtà come Fondazione. Entri in classe, fai delle attività di sensibilizzazione, cerchi di portare i ragazzi a comprendere ma poi non serve a niente perché, appunto, quando c’è un’azione che dovrebbe essere, uso il termine “punita” anche se mi piace poco, viene considerata irrilevante», commenta Zoppi.
«Ci auguriamo che il mondo adulto – istituzioni, genitori, scuola e tutto il resto – prenda finalmente coscienza del fatto che non stiamo giocando. La rete non è un gioco, la rete può essere ricca di opportunità e c’è il lato bello della rete: abbiamo promosso il concetto di cyberjoy e il concetto di cyberjoy rientra nel presupposto che ci sia una comunità di adulti che accompagni i ragazzi in rete perché ne fanno di ogni e queste notizie, che arrivano col contagocce perché ci sono giornalisti che le raccontano, sono solo la punta dell’iceberg di una quotidianità di cui non abbiamo contezza».
«Questo è il problema: non abbiamo contezza della quotidianità che questi ragazzi vivono. Per una caso che viene fuori, che venga definito irrilevante o meno, ce ne sono tanti altri. Solo nell’ultima settimana sono arrivate cinque segnalazioni al Rescue Team di Fondazione Carolina di casi che coinvolgono foto e minorenni. C’è una quotidianità di cui dobbiamo farci carico, non è possibile risvegliarci solo nel momento in cui c’è un caso: qui è ogni giorno, ogni giorno», conclude il segretario generale. L’assenza di una presa di coscienza efficace a livello istituzionale, quindi, rischia di lasciare realtà come Fondazione Carolina da sole: «Credo che ci siano tantissime realtà sul territorio che fanno un lavoro egregio, quotidiano, costante che rischia di essere vanificato nel momento in cui non c’è un’attenzione forte e completa nel fare questo tipo di attività». Un’attenzione che arrivi dalla cima della piramide, per intenderci, considerato che le singole realtà vengono lasciate sole ad agire se il sistema giudiziario si pronuncia come abbiamo visto nel caso dei due minori della provincia di Roma.