Banche e AI: quali lo usano e come dicono di usarlo

Ci sono due categorie di impieghi dell'intelligenza artificiale: il primo è verso l'esterno, con la possibilità di attivare dei bot per l'assistenza ai clienti (ad esempio); il secondo è verso l'interno, come accaduto nel caso di Fabrizio Gatti

27/09/2023 di Gianmichele Laino

L’intelligenza artificiale sta entrando nelle banche. Questo è un processo globale che, nei grandi gruppi internazionali, sembra aver preso già una strada molto ben definita. Anche le banche europee, per rispondere alle avanguardie – definiamole così – degli istituti di credito americani, stanno cercando di implementare sistemi di intelligenza artificiale, sia per un utilizzo interno, sia verso l’esterno (e – quindi – a beneficio del cliente). In Italia, alcune banche hanno affermato di aver iniziato a utilizzare i sistemi di intelligenza artificiale, a vario titolo e con vari livelli e prospettive di sviluppo. Vediamo come si configura, attualmente, il rapporto tra banche e AI nel nostro Paese.

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Banche e AI: qual è la situazione attuale in Italia

Partiamo da uno degli istituti di credito più importanti del Paese. Intesa San Paolo, dal mese di maggio 2023, ha comunicato di aver implementato al suo interno una serie di strumenti di intelligenza artificiale. In modo particolare, varie aree del suo istituto hanno lavorato al progetto Lisa (Linguistic Intelligence for Supervisory Awareness): questo sistema riesce a scandagliare tutta una serie di pubblicazioni sulla Banking Supervision, leggendo testi a una velocità decisamente superiore rispetto alle capacità umane e fornendo dei feedback sintetici che, successivamente, possono essere presi in carico per le esigenze della banca.

Inoltre, Intesa San Paolo ha avviato anche CENTAI, un centro di ricerca avanzata nel campo dell’Artificial Intelligence, con lo scopo di sviluppare nuove metodologie di analisi dei dati. Si tratta, in ogni caso, di utilizzi dell’AI rivolti verso l’interno (anche se alcuni di questi progetti stanno in qualche modo ottenendo dei riconoscimenti pubblici, grazie all’attribuzione di premi da parte di enti e associazioni di settore).

In ogni caso, l’istituto di credito ha anche assunto nuove professionalità (nell’ordine delle 2mila unità) per fare in modo di portare avanti al meglio i suoi progetti sull’intelligenza artificiale. A medio termine, c’è anche l’obiettivo di mettere al servizio dei clienti e dei territori i servizi di AI che Intesa San Paolo sta sviluppando internamente. Commentando questo aspetto, in una recente dichiarazione, Massimo Proverbio (capo dell’area IT di Intesa) ha affermato: «Il dato è fondamentale per conoscere il cliente e soddisfare le sue esigenze. L’AI, intesa come machine learning o GenAI, è un modo per ottenere il risultato e riteniamo di essere tra i migliori, anche perché usiamo l’AI in modo consapevole e responsabile».

Anche UniCredit – altro istituto bancario fondamentale nell’ecosistema italiano – sta cercando di sviluppare una propria area legata all’intelligenza artificiale. In modo particolare, l’applicazione è legata all’apertura di conti correnti e alla gestione crediti, ai processi interni e al back office. L’intelligenza artificiale di Unicredit è molto più “visibile” all’esterno. Sin dal 2021, ad esempio, ha fatto ricorso a Unicredit ChatBot. Si tratta di un bot che – direttamente in maniera digitale – effettua delle interviste e dei sondaggi agli utenti, in ottica recruitment. Dalle interazioni con l’intelligenza artificiale, insomma, derivano profili di massima e percentuale di adattabilità del profilo stesso alle esigenze della sezione recruitment di UniCredit.

Un progetto di BancaSella, invece, affida a un programma di incubazione il compito di «ricercare progetti, italiani e internazionali, che sviluppino soluzioni applicabili a processi e prodotti bancari e finanziari, fondate su tecnologie quali deep learning, machine learning, modelli generativi e synthetic data». Insomma, le applicazioni dell’AI sono molteplici e anche dall’alto livello tecnologico, soprattutto per quanto riguarda i settori della ricerca e dello sviluppo. E queste rappresentano sicuramente un miglioramento dell’efficienza e della produttività all’interno degli istituti.

Sperimentazioni più basilari, come invece sembra quella che ci ha condotto all’analisi del monografico di oggi, che magari fanno leva su strumenti preconfezionati (come ChatGPT o Bard, che per forza di cose hanno un ambito di applicazione molto più ristretto), rischiano invece di provocare seri problemi agli istituti e ai loro clienti.

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