Petizione dei record per una legge sul revenge porn: «Spesso le vittime sono inconsapevoli» | VIDEO

Lei si chiama Silvia Semenzin, vive a Londra ed è dottoranda in Digital Sociology. Ha lanciato una petizione da record su Change.org per chiedere alle istituzioni italiane una legge sul revenge porn, uno dei mali del nostro secolo. Si tratta di una vera e propria deviazione dell’utilizzo dei social network: quando si utilizzano foto o video intimi delle persone per vendetta, significa che qualcosa – all’interno della nostra società – non funziona più.

Una petizione da record contro il revenge porn

Nella giornata di ieri, la petizione è stata firmata anche dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini, che ha accolto la richiesta di Silvia Semenzin. Nelle ultime 36 ore, la proposta della ragazza ha superato le 13mila firme ed è stata inserita tra le petizioni rilevanti da Change.org. Insomma, se è vero che su questa piattaforma nascono raccolte firme un po’ per ogni cosa, non tutte hanno la possibilità di entrare nel ristretto gruppo di quelle rilevanti.

«L’idea – dice Silvia Semenzin a Giornalettismo – è nata dopo un anno di intenso lavoro fatto insieme ad Amnesty International e all’Università di Milano. Abbiamo approfondito tutte le sfumature di violenza che le donne possono subire sul web. Quello che spero di aver trasmesso è prima di tutto l’urgenza di fare una legge contro gli abusi online. Internet e i social network sono strumenti utilissimi, ma spesso fonte di paura e di umiliazione per tante donne e specialmente per le ragazze adolescenti».

L’appoggio di Laura Boldrini e i tre punti fondamentali per una legge sul revenge porn

Insieme a Silvia Semenzin, si sono fatti promotori della petizione – rivolta esplicitamente alle istituzioni del nostro Paese (Roberto Fico, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Camera e Senato) – I Sentinelli di Milano, Insieme in Rete e Bossy, molto attivi nel sociale e nella difesa dei diritti LGBT. A colpi di hashtag #intimitaviolata, i promotori della petizione hanno voluto far conoscere al mondo intero le ragioni che hanno animato questa loro scelta.

«Sono stata testimone di tanti abusi sulle donne – ha continuato la Semenzin -. Credo che il mio volto sia il volto di tutte le ragazze che hanno subito violenze online: credo che il revenge porn non sia semplicemente la pubblicazione di un filmino erotico alla fine di una relazione, ma assume forme molto più subdole e normalizzate. Spesso la vittima non lo viene nemmeno a sapere: a volte, viene ripresa di nascosto per essere condivisa in chat goliardiche di ragazzi che sono degradanti».

Secondo la promotrice della petizione, la legge dovrebbe prevedere tre punti fondamentali: «Innanzitutto, la punizione penale di chi diffonde video di terzi senza consenso, poi la cancellazione immediata e il diritto all’oblio della vittima, infine il supporto psicologico alle vittime per evitare che queste ultime si possano chiudere nel silenzio».

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