Salvini vuole far chiudere i «bangla» alle 21

11/10/2018 di Enzo Boldi

Ci sono sempre. Dalle prime ore del mattino fino a notte inoltrata. Quando entri nel loro piccolo negozio ti salutano sempre con un «Ciao bello» o «Ciao bella», a prescindere dal tuo fascino. Sono lì a vendere molti prodotti, dai casalinghi al cibo, passando per alcuni beni di prima necessità che può capitare di non avere a casa. Sono i cosiddetti «Bangla», gli alimentari sotto casa che non chiudono mai. Almeno finché non sarà approvato il decreto sicurezza voluto da Matteo Salvini.

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In una diretta Facebook dal tetto del Viminale, il Ministro dell’Interno ha spiegato di voler obbligare la chiusura dei negozietti etnici entro le 21. Addio quindi alla birretta post cena, alle bottigliette d’acqua per i turisti che girano nelle città anche di notte per ammirare le bellezze di Roma, Milano, Torino, Venezia e altre città al chiaro di luna. A questo punto anche loro saranno obbligati a placare l’arsura notturna andando in un bar e pagando almeno il doppio rispetto alle tariffe base dei «Bangla».

Matteo Salvini contro i Bangla

«Nel decreto sicurezza ci sarà un emendamento per prevedere la chiusura entro le ore 21 di quei negozietti etnici che diventano ritrovo di gente che fa casino – spiega Matteo Salvini nel suo video in diretta su Facebook -. Non è un’iniziativa contro i negozi stranieri, ma per limitare abusi di certi negozi che diventano ricettacolo di gente che beve fino a tardi, piscia e caga per strada».

Il problema sicurezza nasce dai negozi etnici

Il grande problema della sicurezza in Italia, dunque, sono i «Bangla». Quei negozietti molto diffusi tra i giovani – rinominati così proprio da loro, facendo riferimento alla nazionalità di molti negozianti – dove andare ad acquistare una birra last minute e non solo. Per Salvini, che vicino casa sua ha alcuni negozietti etnici, però, queste attività commerciali sono il concime adatto per il degrado delle città. Quindi la soluzione è farli chiudere. Non c’entrerà l’essere straniero. Non c’entrerà la concorrenza ai negozi italiani – anche perché non è detto che dietro queste attività commerciali non ci siano cittadini italiani -, ma sta di fatto che si è fatta – un’altra volta – di tutta l’erba un fascio. Ma ormai ci siamo abituati.

(foto di copertina da Google Maps)

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