Caso Cucchi, il racconto del carabiniere: «Fu spinto e preso a schiaffi e calci in faccia»

11/10/2018 di Redazione

Un vero e proprio colpo di scena a inizio udienza del processo che vede cinque carabinieri imputati per la vicenda della morte di Stefano Cucchi (geometra romano deceduto il 22 ottobre 2009 a 31 anni durante la custodia cautelare). Uno dei cinque carabinieri imputati, Francesco Tedesco, in una denuncia ha ricostruito i fatti di quella notte e ha «chiamato in causa» due dei militari dell’Arma imputati per il pestaggio. Nei verbali il suo racconto choc: «Gli dissi ‘Basta, che c… fate, non vi permettete’». Il ragazzo, secondo la testimonianza, sarebbe stato spinto e preso a schiaffi. Poi uno dei due militari lo avrebbe colpito «con un calcio in faccia» mentre era sdraiato a terra.

Caso Cucchi: un carabiniere confessa il pestaggio e accusa due colleghi

«Il 20 giugno 2018 – ha detto il pm Musarò – Tedesco ha presentato una denuncia contro ignoti in cui dice che quando ha saputo della morte di Cucchi ha redatto una notazione di servizio». Sulla base di questo atto, il rappresentante dell’accusa ha detto che è stato iscritto un procedimento contro ignoti nell’ambito del quale lo stesso Tedesco ha reso tre dichiarazioni. «In sintesi – ha aggiunto il pm – ha ricostruito i fatti di quella notte e chiamato in causa gli altri imputati: Mandolini, da lui informato; D’Alessandro e Di Bernardo, quali autori del pestaggio; Nicolardi quando si è recato in Corte d’Assise, già sapeva tutto». I successivi riscontri della procura hanno portato a verificare che «è stata redatta una notazione di servizio – ha detto il pm – che è stata sottratta e il comandante di stazione dell’epoca non ha saputo spiegare la mancanza».

La svolta è storica perché arriva per la prima volta un’ammissione e una concreta identificazione, sebbene attraverso una testimonianza, dei presunti autori del pestaggio di Stefano Cucchi, individuati nei due carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo. Inoltre, la testimonianza andrebbe a certificare il fatto che i superiori siano stati a conoscenza di quanto avvenuto nel corso del fermo di Cucchi.

 

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Le dichiarazioni entreranno presto nel processo. L’attività di indagine integrativa con la testimonianza di Tedesco formalmente non fa ancora parte del fascicolo dibattimentale del processo ai cinque carabinieri. La comunicazione del pm oggi in aula è stata fatta solo per informare le altre parti processuali della nuova e integrativa attività d’indagine al fine di consentire a tutti prendere visione degli atti. Probabilmente in una prossima udienza ci sarà formalmente la richiesta di acquisizione di tutti agli atti, con la richiesta di ulteriori e nuove prove testimoniali.

Il racconto nel verbale: «Gli dissi ‘Basta, che c… fate, non vi permettete’»

Nel verbale di interrogatorio di Tedesco del 9 luglio 2018 si legge: «Gli dissi ‘basta, che c… fate, non vi permettete’». Parole che il carabiniere rivolse ai suoi colleghi carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro (con lui imputati con l’accusa di omicidio preterintenzionale) mentre uno «colpiva Cucchi con uno schiaffo violento in volto» e l’altro «gli dava un forte calcio con la punta del piede».

«Fu colpito con schiaffi e calci in faccia»

Nel verbale Tedesco ha anche descritto le fasi del pestaggio: «Fu un’azione combinata, Cucchi prima iniziò a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fede perdere l’equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di avere sentito il rumore». E ancora: «Spinsi Di Bernardo – ha aggiunto Tedesco – ma D’Alessandro colpì con un calcio in faccia Cucchi mentre questi era sdraiato a terra».

«Mi dissero che avrei dovuto farmi i c… miei»

Stando a quanto riportato nel verbale del 9 luglio Tedesco ha raccontato anche di essere stato minacciato dai due colleghi che avrebbero compiuto il pestaggio. «Iniziai ad avere paura anche per un’altra ragione e cioè perché quando ero in ferie fui contattato da D’Alessandro e Di Bernardo i quali mi dissero che avrei dovuto farmi i c… miei». D’Alessandro a Tedesco, inoltre, avrebbe rivelato di aver «cancellato quanto lui (D’alessandro, ndr) aveva scritto sul registro del fotosegnalamento».

Il carabiniere ha parlato anche degli atteggiamenti del maresciallo Mandolini, che nel 2009 era comandante della stazione Appia dove fu portato Cucchi. Secondo Tedesco lui era a conoscenza dell’accaduto. «Quando dovevo essere sentito dal pm, il maresciallo Mandolini – sono le parole del militare messe a verbale – non mi minacciò esplicitamente ma aveva un modo di fare che non mi faceva stare sereno». Prima di andare a Piazzale Clodio per il primo interrogatorio, il maresciallo a Tedesco avrebbe detto: «Tu gli devi dire che stava bene, gli devi dire quello che è successo, che stava bene e che non è successo niente… capisci a me, poi ci penso io, non ti preoccupare».

L’avvocato: «È uno snodo significativo, la denuncia fa definitivamente luce»

L’avvocato di Tedesco, Eugenio Pini, ha dichiarato: «Oggi c’è stato uno snodo significativo per il processo, ma anche un riscatto per il mio assistito e per l’intera Arma dei Carabinieri». «Gli atti dibattimentali e le ulteriori indagini – ha continuato il legale – individuano nel mio assistito il carabiniere che si è lanciato contro i colleghi per allontanarli da Stefano Cucchi, che lo ha soccorso e che lo ha poi difeso. Ma soprattutto è il carabiniere che ha denunciato la condotta al suo superiore ed anche alla Procura della Repubblica, scrivendo una annotazione di servizio che però non è mai giunta in Procura, e poi costretto al silenzio contro la sua volontà. Come detto, è anche un riscatto per l’Arma dei Carabinieri perché è stato un suo appartenente a intervenire in soccorso di Stefano Cucchi, a denunciare il fatto nell’immediatezza e a aver fatto definitivamente luce nel processo».

Ilaria Cucchi: «Il muro è stato abbattuto, ora le scuse»

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, che da anni combatte per ottenere verità sulla morte del fratello in un post su Facebook ha scritto: «Processo Cucchi. Udienza odierna ore 11.21. Il muro è stato abbattuto. Ora sappiamo e saranno in tanti a dover chiedere scusa a Stefano e alla famiglia Cucchi».

 

 

I cinque militari dell’Arma imputati

Sotto processo ci sono Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, tutti imputati di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità, poi Roberto Mandolini imputato di calunnia e falso, e Vincenzo Nicolardi imputato di calunnia.

L’associazione Antigone: «Un passo decisivo verso la verità»

Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione per i diritti dei detenuti, ha dichiarato: dopo 9 anni «si fa finalmente un passo decisivo verso la giustizia. La confessione di uno dei carabinieri attualmente sotto processo, il quale ha chiamato in causa a vario titolo gli altri suoi colleghi, squarcia il muro di omertà che in questi anni si era creato attorno a questo caso e che era stato rotto solo recentemente dalla testimonianza di un altro agente, Riccardo Casamassima». «Tuttavia – ha continuato – questo muro non si sarebbe potuto abbattere se non fosse stato per la determinazione e la grande tenacia dimostrata in questi anni dalla sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, che mai un attimo ha smesso di lottare, e dall’avvocato Fabio Anselmo». E ancora: «Finalmente ci avviciniamo alla verità, ci auguriamo che in tempi brevi si arrivi al termine del processo e alle conseguenti condanne e si restituisca giustizia a Stefano e alla sua famiglia. Crediamo inoltre che tutti quelli che propagandavano un’altra verità stereotipata ora dovrebbero chiedere umilmente scusa».

(Foto di copertina da archivio Ansa: Ilaria Cucchi mostra la foto del fratello Stefano dopo la sentenza della corte d’appello, Roma, 31 ottobre 2014. Credit immagine: ANSA / ANGELO CARCONI)

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