Un po’ di ordine nella storia dell’arresto di Mimmo Lucano

02/10/2018 di Redazione

Tutti stanno parlando dell‘arresto di Mimmo Lucano, il sindaco di Riace che è stato definito da molti un modello di accoglienza e di integrazione, per quanto riguarda l’attenzione nei confronti dei migranti presenti nel territorio del suo comune. Il sindaco aveva ospitato anche Roberto Saviano e insieme a lui aveva illustrato i punti precisi del suo programma di accoglienza. Tuttavia, oggi è arrivata la notizia dell’arresto del primo cittadino, dopo ben 18 mesi di indagini.

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Ma i capi di imputazione previsti dai magistrati sono caduti quasi tutti. Tutti tranne l’ipotesi di reato del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. Ma come si è arrivati a questo punto? Ripercorriamo le tappe di questa vicenda paradossale, tutta italiana.

Arresto Mimmo Lucano, le tappe

Sindaco dal 2004, Mimmo Lucano ha sempre portato in alto il nome di Riace nel mondo, ottendo prestigiosi riconoscimenti a livello internazionale (come il terzo posto nella Worl Mayor, la classifica dei migliori sindaci del mondo o il 40° posto tra gli uomini più influenti del mondo secondo Fortune).  A fargli meritare questi premi è stata la sua gestione dei migranti: nel corso degli anni, infatti, in un paese di 1800 abitanti, è riuscito ad accogliere più di 6mila richiedenti asilo, dando loro una sistemazione in case altrimenti abbandonate e, soprattutto, inserendoli nel tessuto sociale del paese, offrendo loro lavoro.

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(Foto Dpa da archivio Ansa. Credit immagine: Arno Burgi / dpa-Zentralbild / dpa)

Il contrasto delle due relazioni prefettizie e l’inizio dell’indagine

Ma il modello di accoglienza di Mimmo Lucano insospettisce. E dà il via a due relazioni prefettizie. Mentre la prima (del dicembre 2016) solleva dubbi sulla gestione dell’emergenza, la seconda (più recente, quindi, nel 2017) loda il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo messo in piedi dal sindaco di Riace. Tuttavia, la prima relazione basta a far scattare un’inchiesta nei confronti del sindaco.

Diciotto mesi, in cui i magistrati cercano di contestargli i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell’Unione europea, concussione e abuso d’ufficio.

La chiusura delle indagini preliminari sul sindaco di Riace

Alla fine delle indagini preliminari (nel corso delle quali erano stati sottratti dal ministero dell’Interno i fondi Sprar destinati a Riace), è stato emesso il provvedimento di arresto ai domiciliari. Non per i reati contestati dai pubblici ministeri, ma – come si legge nell’ordinanza del gip – per il presunto reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dovuto a qualche presunto matrimonio combinato organizzato dal sindaco per permettere ai migranti in questione di ottenere la cittadinanza italiana. Ma di questo non è dato sapere di più: il riferimento, al momento, è una nota del procuratore di Locri Luigi D’Alessio, in cui si parla di una conversazione intercettata, in cui Lucano illustra l’ipotesi di far sposare una ragazza nigeriana, a cui era stato negato l’asilo, per permetterle di rimanere in Italia.

L’altra accusa è quella di fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti a una cooperativa all’interno della quale lavoravano dei migranti. Ma su questo, eventualmente, un processo stabilirà le responsabilità.

La velata critica ai magistrati da parte del gip

Tutti i reati più gravi, invece, non sono stati contestati al sindaco di Riace, che – tuttavia – è stato oggetto di una pesante relazione del giudice per le indagini preliminari. Quest’ultimo scrive che Mimmo Lucano «vive oltre le regole, ma non ha arricchito né le associazioni che ricevevano i soldi destinati alla gestione dei migranti che arrivano in Italia e diventano ospiti di Sprar, né se stesso». Sempre secondo il gip, il grave quadro indiziario «non si è tradotto in alcune delle ipotesi delittuose delineate dagli inquirenti».

Lucano, insomma, vivrebbe border line, in un limbo legislativo – non coperto da un quadro normativo dettagliato – in cui è facile aggirare gli ostacoli pur restando nella legalità. Anzi, sempre nella relazione del gip, è sottintesa anche una sorta di accusa nei confronti della magistratura inquirente che non è stata in grado – nonostante la lunghezza delle indagini preliminari – di trovare un supporto concreto alle sue accuse (e, per questo motivo, farà ricorso al tribunale del riesame).

[Credits: Zumapress]

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