In Libia i barconi vengono affondati con i migranti ancora a bordo

Il salvataggio del 17 luglio scorso, quando l’imbarcazione dell’Ong Open Arms si era trovata di fronte a uno scenario apocalittico con i resti di un gommone, una sola superstite e due cavaderi di una donna e un bambino, aveva fatto presagire scenari inquietanti.

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Migranti lasciati a morire in Libia

Ora l’ipotesi che la Guardia costiera libica distrugga i barconi dei migranti con loro ancora a bordo perché si rifiutano di tornare verso Tripoli si fa ogni giorno sempre più concreta.

Lo rivelano fonti militari al Fatto Quotidiano, con la promessa di rimanere anonime. Gli autori dell’articolo sono Fabrizio D’Esposito e Antonio Massari:

Barconi affondati mentre i migranti sono ancora a bordo. È questo che accade nelle acque del Mediterraneo quando la Guardia costiera libica interviene per i soccorsi. Il motivo: quando le motovedette libiche si avvicinano ai barconi, i migranti, che non vogliono essere riportati in Liba, rifiutano di essere trasportati sulle imbarcazioni della Guardia costiera. E a quel punto, per convincerli ad accettare il soccorso, è ormai prassi che i militari libici inizino le operazioni per affondare la barca. Una prassi disumana, che s’è ripetuta in parecchi salvataggi, rivelata al Fatto, con la promesse dell’anonimato, da più fonti militari.

Naufragio migranti, il Viminale afferma che è fake news

All’indomani del salvataggio di Josefa, la migrante camerunense che in molti hanno imparato a conoscere attraverso quell’immagine forte di lei con lo sguardo perso nel vuoto e intriso di paura, a Open Arms hanno utilizzato parole molto forti: “I libici hanno lasciato morire quella donna e quel bambino. Sono assasini arruolati dall’Italia“.

Il Viminale ci ha messo poco tempo a bollare l’affermazione come fake news ma molto di più a rilasciare dichiarazioni che facessero chiarezza su quello che è successo il 17 luglio in mare.

Nel frattempo, invece di continuare a ribadire la sicurezza della Libia e dei suoi porti, sarebbe meglio che qualcuno si interrogasse sul perché i migranti preferiscano affrontare la morte quasi certa piuttosto che ritornare da dove sono partiti.

(Foto credits: Ansa)

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