Selvaggia e la sua idea di giornalismo: «Rolling Stone non è rock. Nessun rispetto per i dipendenti, soprattutto donne»

La contattiamo via Twitter, come dev’essere. La dimensione di quanto Selvaggia Lucarelli sia vicina al suo pubblico. Una richiesta di intervista che abbiamo ritenuto non invasiva. «Se le andrà di rispondere, ci risponderà» – ci siamo detti. Così è stato. L’occasione per colloquiare con l’opinionista e blogger del Fatto Quotidiano, giudice a Ballando con le stelle, è rappresentata dalle sue dimissioni dalla direzione del sito di Rolling Stone comunicate ieri. Via social network, ovviamente. Ma lo spunto si trasforma immediatamente in una riflessione sul mondo del giornalismo online. Così difficile, talvolta spiazzante. Lei, Selvaggia, ha però le idee chiare.

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SELVAGGIA LUCARELLI RACCONTA L’ESPERIENZA A ROLLING STONE

«Perché ho lasciato Rolling Stone? Perché mi hanno chiesto di fare un gelato a Salvini». Ovviamente si scherza. E si sdrammatizza. Poi, però, si ritorna seri: «Sono arrivata in un posto, Rolling Stone, preceduto da una fama poco rassicurante, tant’è che l’editore mi cercava da tempo ma io tergiversavo. Diciamo che la continua fuga di dipendenti e direttori sia del sito che della rivista negli anni erano indizi abbastanza sinistri». La sua, quindi, è stata una scommessa. Ci spiega di aver accettato perché voleva da tempo misurarsi il ruolo di direttore di un progetto. Rolling Stone poteva essere la giusta occasione. La firma per un anno sul contratto, poi qualcosa è andato storto.

«Ho purtroppo scoperto che l’editore ha un’idea un po’ disinvolta del potere, dei contratti di lavoro, del rispetto per i dipendenti, soprattutto donne, a cui manda mail perentorie della serie ‘vieni prima in ufficio, se vuoi portare i figli all’asilo non mi interessa, ti organizzi, i figli non possono essere un vincolo‘. E parliamo di donne con contratti da collaboratori esterni».

Ma Selvaggia Lucarelli mette in evidenza anche altri aspetti controversi: «L’editore, poi, si intromette continuamente nelle scelte editoriali che non devono danneggiare i suoi buoni rapporti. Pretendeva riunioni mattutine in cui si comunicassero i temi del giorno ai dipendenti del cartaceo, così da capire se i pezzi del sito avrebbero potuto disturbare il marketing o i buoni rapporti con sponsor, cantanti o case discografiche o amici degli amici. Diciamo che pur comprendendo e assecondando alcuni compromessi che ho trovato ovunque abbia lavorato, lì non esisteva possibilità di avere un punto di vista critico – pure se pacato – su nulla senza che qualcuno non finisse nell’ufficio dell’editore a lamentarsi. Inoltre respiravo ostilitá da alcuni ‘vecchi’ della redazione, praticamente tutta al maschile, in cui le donne assunte che scrivono sono in totale una di numero. È stato il posto meno rock che abbia mai visto».

Selvaggia Lucarelli racconta questa sua esperienza così nel dettaglio proprio per dare voce a tutte le persone che hanno lavorato in quella redazione e che, in questo suo breve periodo a Rolling Stone – l’annuncio del sodalizio era stato dato a metà dicembre 2017 – l’hanno contattata per dirle quanto sono state male in passato. Donne soprattutto, ma anche uomini. «Voglio specificare – afferma Selvaggia – che i quattro ragazzi che hanno lavorato con me al sito erano bravi, gentili e molto distanti dalle logiche di quel posto. Però non riuscivo a lavorare con serenità. Un esempio di censura? Volevo fare un pezzo su ticket one e la nota faccenda dei biglietti che finiscono subito e si trovano su altri siti al triplo un minuto dopo. Cazzo, è un sito di musica, la gente che vuole andare ai concerti non parla d’altro. Mi è stato detto che ticket one regala i biglietti al giornale che a sua volta il giornale regala agli sponsor. Per dire. Quindi silenzio».

Un percorso a ostacoli. Ancor più difficile, forse, perché Selvaggia Lucarelli è una donna che è arrivata alla direzione di un sito? «Io non sono solo donna, ho molte altre ragioni per far sì che sia tutto difficile. Ho una personalità forte, sono nota, sono l’unica donna che fa grossi numeri sui social facendo opinione, lavoro con Marco Travaglio, ho fatto chiudere gruppi su Facebook con milioni di persone, non ho il tesserino da giornalista perché non mi serve rivendicare di essere una giornalista, in quanto faccio la giornalista scrivendo sui giornali da sempre. Questo fa sì che un sacco di gente mi detesti per ragioni diverse o mixate. C’è stato fin dall’inizio l’atteggiamento classico maschilista della serie ‘questa perchè non parla di gossip?’. Questo nonostante i miei numeri indiscutibili sul web, che però sembrano sempre non contare nulla, pure se ti chiedono di dirigere un sito e fare numeri. Quando sono arrivati quelli, si è passato a discutere le scelte editoriali. Annunciate le dimissioni, ‘bene, torna a fare quello che sai fare meglio…’ è stato un commento gettonatissimo. Tutte cose che mi rafforzano, per giunta».

LE NUOVE SFIDE PER SELVAGGIA LUCARELLI

Ora, però, Rolling Stone è una pagina chiusa. L’orizzonte di fronte a Selvaggia Lucarelli ha i colori di una nuova sfida. Un’avventura «autonoma» nel mondo del giornalismo online, di cui ha una visione ben chiara: «Io sono un amante del giornalismo d’opinione, quello sulle questioni divisive. È pieno di siti e sitarelli che in questo momento partoriscono decine di pezzi al giorno con titoli ad effetto della serie ‘perché Frida in realtà era maschilista’ che però non vanno da nessuna parte perché apri il link e scopri che in realtà non c’è un’opinione interessante ma un disperato tentativo di essere ‘contro’. In questi mesi ho cercato firme con personalità ma anche sostanza, e ne ho trovate parecchie. Un paio di loro sono in trattative con case editrici, sono felice. Per il testo, il mio modo di intendere il giornalismo online, cartaceo o sul tovagliolo del ristorante è sempre banalmente lo stesso: non raccontare balle».

Secondo la Lucarelli, il giornalismo online non ha regole da manuale. Molto sta nell’istinto e nel fiuto di chi deve cercare la notizia, di chi la propone al suo pubblico: «Nei miei tre mesi a Rolling, per dire, il pezzo più letto è stato un messaggio che mi aveva inviato su Facebook un mio amico da Bali. Parlava di plastica sulle spiagge in luoghi paradisiaci. In quei giorni il tema era il famoso centesimo a busta, quello di un mio amico era un messaggio di parecchio tempo prima. Ho pensato che i due temi fossero in qualche modo legati. E abbiamo avuto milioni di accessi solo a quel pezzo. Nessuna gallery su Levante o resoconto di un concerto ha fatto quei numeri».

Istinto, ma anche analisi delle fonti e lotta agli haters sul web. Sono gli aspetti che Selvaggia Lucarelli ritiene fondamentali per orientarsi nel labirinto che è internet, nella rete che spesso si attorciglia in nodi fastidiosi: «Riguardo alle fake news verificare sempre tutto cento volte, anche le cose che sembrano più scontate. Riguardo all’odio, io sono per inchiodare la gente alle proprie responsabilità, è noto, sebbene in questa particolare fase sono dell’idea che gli hater siano in netto vantaggio. Stanno vincendo loro, e nessuno lo sta davvero realizzando. Io, comunque, sono sempre più convinta del mio progetto: mi hanno contattato in tanti e sto valutando con calma. Sono sicura che entro il 2018 dirigerò un sito».

Ci vuole sicurezza per affrontare le novità. E anche per confermarsi sempre ad alti livelli, come sinonimo di qualità e di successo: «Il ‘sempre’ è falso. Io sono stata sinonimo anche di un sacco di inciampi e scelte lontane da quella che sono attualmente. Però sono una che impara e oggi credo di essere diventata brava. Molto più di tanti uomini che fanno il mio lavoro, per dire. La mia sfida è di diventare, un giorno, l’editore di me stessa». In bocca al lupo.

(FOTO dalla pagina Facebook ufficiale di Selvaggia Lucarelli)

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