L’8 marzo di Antonietta Gargiulo

Lo hanno detto oggi. Dopo qualche giorno che era uscita dalla sedazione. Su un lettino di ospedale. Antonietta Gargiulo, la donna ferita dal carabiniere Luigi Capasso che ha ucciso anche le figlie e poi si è suicidato, ha saputo che le sue ragazze non ci sono più. Uccise dal loro padre, quell’uomo che Antonietta amava e che ha allontanato perché non la rispettava più. E faceva paura.

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La donna è ancora ricoverata in terapia intensiva al San Camillo di Roma dove ha subito anche un intervento alla mandibola. Non può muoversi e non potrà esserci al funerale delle piccole, in programma domani. A dare la notizia, dopo una attenta valutazione da parte dei medici, sono stati i familiari e gli psicologi. Secondo quanto ha appreso l’Agi sono stati questi ultimi ad avviare una conversazione relativa al suo stato di salute, dicendole che stava meglio. Anche perché Antonietta non ricordava assolutamente nulla di quanto le era accaduto. Nemmeno l’aggressione. La donna, dopo un lungo percorso, ha scoperto la verità. È rimasta in silenzio. Non può parlare per via delle bende che le fermano il viso per l’intervento subito. Ha sentito quelle parole, immobile.

Ora per Antonietta inizia un lungo percorso. Il più difficile. Non è sola. La sua storia, proprio oggi, diventa un monito. Non per le donne che hanno il coraggio di dire no. Perché Antonietta ha detto no, Antonietta lo aveva lasciato. Antonietta voleva veder crescere, felice, le sue due bambine. La dura storia di Cisterna deve essere un monito per chi si gira dall’altra parte. Per chi non si è preoccupato abbastanza di cosa passasse nella testa di Luigi Capasso. Per chi magari aveva sottovalutato tutto. Lasciando Antonietta sola. Quando c’era davvero bisogno di fermare quell’uomo.

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