Tutte le bufale che Donald Trump ha detto nel discorso sullo stato dell’Unione

È stato il primo discorso sullo stato dell’Unione tenuto da Donald Trump. In molti si sono stupiti per la sua normalità, per il fatto che i temi evidenziati davanti alle camere riunite siano stati quelli tipici di un capo di Stato, per l’assenza di battute volgari o di clamorosi slogan (fatta eccezione per quello in cui si dice che anche gli americani sono dreamers). Eppure, anche in questo passaggio apparentemente privo di picchi d’interesse, il presidente degli Stati Uniti ha mantenuto la sua tipica linea di mistificatore della realtà. O, quantomeno, di prestigiatore che adatta numeri e fatti ai suoi scopi.

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DONALD TRUMP STATO DELL’UNIONE, UN DISCORSO SOLO APPARENTEMENTE NORMALE

Anche ieri sera, insomma, è andato in scena il grande inganno del comunicatore Trump. Quello più subdolo e sottile, quello più «politico», appunto. Così, il presidente degli Stati Uniti (che si è fatto per primo portavoce di una campagna contro le fake-news, sdoganando lo stesso termine fake-news e facendolo entrare nel comune linguaggio dei media) si conferma uno dei principali diffusori di false informazioni a livello mondiale.

A effettuare un puntuale lavoro di fact-checking ci ha pensato il quotidiano The Guardian, ospitando l’analisi di Alan Yuhas. Punto per punto, ha preso in esame i macro-temi toccati da Donald Trump nel discorso sullo stato dell’Unione e li ha debunkati. Partendo, ad esempio, sull’aumento dei posti di lavoro nel corso della sua amministrazione.

DONALD TRUMP STATO DELL’UNIONE, I POSTI DI LAVORO

Trump, ieri sera, ha detto che dall’elezione del 2016, sono stati creati 2,4 milioni di posti di lavoro e che i salari, per la prima volta dopo tanto tempo, sono aumentati. Peccato che i dati partano proprio dal giorno dell’elezione, mesi prima dell’entrata in carica effettiva del presidente degli Stati Uniti. Dal giuramento di Trump e dal suo effettivo ingresso nella Casa Bianca, il numero di posti di lavoro è aumentato di 1,8 milioni di unità. Anche per l’aumento dei salari si potrebbe fare lo stesso discorso: questo dato, come il precedente, è frutto di un percorso iniziato con la passata amministrazione.

DONALD TRUMP STATO DELL’UNIONE, IL TAGLIO DELLE TASSE

Altro grande inganno è stato rappresentato dal passaggio sul taglio delle tasse. Trump ha detto di aver effettuato la più grande riduzione delle tasse della storia americana. Ma in realtà, questo record spetta a Ronald Reagan, mentre il taglio fiscale di Trump è in ottava posizione nella classifica all time. Inoltre, il presidente americano ha mostrato un esempio piuttosto fuorviante: secondo il numero uno della Casa Bianca, infatti, le famiglie che guadagnano meno di 75mila dollari all’anno avranno un taglio delle tasse di 2000 dollari. Alcuni studi fiscali in materia, dimostrano come questa fascia di reddito (corrispondente a quella dei ceti medio-bassi) a lungo andare subirà un forte incremento delle tasse (il limite è fissato al 2027), mentre i tagli – anche in proiezione futura – resteranno inalterati solo per i ceti più ricchi.

DONALD TRUMP STATO DELL’UNIONE, L’ENERGIA PULITA E L’INDUSTRIA DELL’AUTO

Un altro elemento molto controverso del discorso di Trump è stato quello a proposito dell’energia pulita. Il presidente degli Stati Uniti ne ha tessuto le lodi, affermando di aver «portato a termine la battaglia sull’energia americana e la battaglia sull’energia pulita». In realtà, i dati sul maggiore impiego dei combustibili naturali sono incoraggiati da una tendenza mondiale che dura da anni: l’utilizzo del carbone è collassato dal 2011 al 2016 del 33%. Nonostante questo, Trump ha messo in campo delle misure che hanno provato a resuscitarlo. Si pensi all’abolizione del Piano per il Clean Power di Obama oppure alla revoca del bando sulle concessioni minerarie su terreni federali.

Anche sulle industrie automobilistiche Trump ha pronunciato una serie di inesattezze, sostenendo che diverse aziende come Chrysler e Toyota-Mazda stanno riportando i loro impianti negli Stati Uniti, nel primo caso dismettendo addirittura quello in Messico. In realtà Chrysler non sta dismettendo alcun impianto in Messico e i nuovi progetti delle due case automobilistiche sul territorio americano sono noti da tempo, da molto prima che Trump entrasse in carica (e, in ogni caso, non si tratta certo di investimenti a breve termine).

DONALD TRUMP STATO DELL’UNIONE, LA «PERLA» SULL’IMMIGRAZIONE

Infine, un sempreverde: le frontiere aperte e il legame tra immigrazione e aumento del crimine. Innanzitutto, gli Stati Uniti non hanno mai avuto frontiere aperte e il presidente Barack Obama si è reso protagonista di una quantità di reimpatri di irregolari molto elevata rispetto ai suoi predecessori. Inoltre, qualsiasi legame tra l’immigrazione e la criminalità è stato smentito da decine di studi che hanno preso in considerazione periodi di tempo davvero lunghi. Gli immigrati delinquono allo stesso modo dei cittadini del Paese. Un elemento che può far comodo ricordare anche a una certa parte politica italiana, impegnata nelle prossime elezioni del 4 marzo 2018.

(Credit Image: © Alex Edelman via ZUMA Wire)

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