Matteo Salvini, il Silvio Berlusconi dei social

27/05/2016 di Boris Sollazzo

Confesso, candidamente, di essere un fan dei Facebook live di Matteo Salvini.

Non sono leghista, non lo voterei neanche sotto minaccia di tortura, se un talk lo ha come ospite cambio canale. Pensavo di essere immune al suo fascino ruvido, a quelle felpe che neanche addosso a Lapo Elkann sembravano eleganti, a quell’oratoria che univa la prosa del tifoso da bar al “signora mia” che tanto affascina la casalinga di Voghera (ma quando troverà il modo di cucinare e rassettare casa, questa poverina, se da almeno 30 anni la tirano per la parannanza politici e opinionisti?).

Matteo Salvini il Silvio Berlusconi dei social

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Lle notifiche delle dirette live di Facebook, però, mi hanno fatto entrare nel loop comunicativo del leader padano, e ho capito il segreto del suo successo.

Matteo Salvini è il Berlusconi dei social.

Aggressivo e sfrontato negli attacchi, quasi paterno e amicale con i suoi ammiratori, il Salvini 3.0 è l’unico politico che ha saputo danzare nel magma dei social facendolo diventare un’opportunità e non delle sabbie mobili. Per carità l’altro Matteo, Renzi, ha fin da subito intuito le potenzialità di Twitter, così come di questi Periscope targati Zuckerberg. Ma lui ha sempre usato il social come ponte con cui scavalcare prima la classe dirigente del proprio partito e poi la comunicazione generalista che soffre persino più di Silvio. Solo che Berlusconi non aveva i social, e non li ha mai davvero capiti, e così andava avanti a colpi di editti bulgari e telefonate nei talk “nemici”.

Ma Salvini è altro, lui è entrato nell’immaginario social come Sua Emittenza in quella televisiva: la sua faccia improvvisamente pacioccona nei Facebook live fa il paio con quella di Silvio, nel suo studio, con la calzamaglia sulla telecamera. Non si capisce se sono peggiorati gli italiani o è migliorato lui, siamo sinceri, ma è vero che come parla lui al suo elettore, al suo simpatizzante, all’indeciso, al disorientato, non c’è nessuno. Ha il piglio del capo, altrimenti non avrebbe avuto il coraggio e l’incoscienza di scrivere un libro dal titolo evangelico “Secondo Matteo” dove mettere insieme, veltronianamente, De André e Fallaci. Ma ha anche un’abilità unica di gestire la pericolosa superficialità delle sue posizioni facendole sembrare ragionevoli: per dire, sui partigiani, ha detto la sua senza scivolare in una gaffe strumentalizzatissima ma evitabile come quella della Boschi.
Saluta i fans, ha un numero bassissimo di insulti – vero è che molti li banna preventivamente – e altissimo di complimenti, parla con una tenerezza e un’ironia, ai suoi, che ritenevamo impossibile su quel viso brutto, sporco e cattivo con cui ha costruito il consenso lepenista che ora lo proietta tra i populismi europei come quello più performante, o quasi. Ha avvicinato a sé l’opinione pubblica non gradita dagli intellettuali ma che porta voti, smussando le esternazioni senza però rinnegarle (“ruspa!” is the new “i comunisti! i comunisti!” e ormai lo utilizza col sorriso).

Matteo Salvini è il Silvio Berlusconi dei social

E allora Matteo, chapeau. Continuerò a non votarti e a trovarti irritante, ma non posso non essere ammirato dalla tua social (real)politik. Magari non esagererei, però: i saluti agli utenti fanno tanto radio privata anni ’80, e il doppio live con Giorgia Meloni devo ancora capire se sia la nuova frontiera della comunicazione o il segnale definitivo che la politica 3.0 ci è definitivamente sfuggita di mano.

P.S.: Caro Giachetti, apprezzo molto l’impegno con cui fai le dirette dalla tua cucina, ma #BoboCracco non mi fa lo stesso effetto. Magari comincia a inquadrarti dal verso giusto.

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