Non tutti i nemici di Putin muoiono

03/03/2015 di Mazzetta

Vladimir Putin è accusato più o meno velatamente da molte fonti di andare per le spicce quando deve liberarsi di qualche personaggio ingombrante, ma in effetti le cronache raccontano che impieghi, solitamente, metodi meno brutali, anche se non meno efficaci, per silenziare l’opposizione.

anna polit

I DELITTI DI PUTIN – Il vero peccato criminale di Vladimir Putin è sicuramente nella sua gestione del massacro in Cecenia e nella brutalità adoperata nel reprimere i ceceni, l’immagine di Grozny rasa al suolo e così «riconquistata» dalle truppe di Putin dice più di mille parole e testimonia una brutalità e un disprezzo per la vita umana poi confermate dalle reazioni all’attacco al teatro di Mosca e alla presa della scuola di Beslan. La Russia di Putin, sulla quale regna indisturbato dall’inizio del secolo, è un paese poco rispettoso dei diritti umani, con una libertà di stampa assolutamente relativa e una giustizia chiaramente asservita al potere politico, nel quale i nemici del presidente non fanno carriera e anzi finiscono sistematicamente in disgrazia, quando non in galera. Alexei Navalny, Anatolij Karpov e Sergei Udaltsov appartengono alla categoria degli oppositori politici che subiscono periodicamente angherie e infortuni che limitano grandemente la loro capacità di manovra e Putin si è costruito un sistema che lo tiene ampiamente al riparo dai loro fastidi, oltre a godere per ora di grandi consensi, che però sono molto più effimeri della morsa che ha saputo stringere sulle istituzioni e sull’economia della Russia.

PUTIN UCCIDE? – Tra i delitti eccellenti per i quali si è tirato in ballo il leader del Cremlino c’è forse solo quello di Alexander Litvinenko che si avvicina ad avere le caratteristiche idonee per essere attribuito con una certa decisione a Putin o al suo governo. L’uomo, in quanto ex agente dei servizi russi avvelenato con il polonio, è sicuramente in cima all’elenco delle probabili morti «di stato» durante la reggenza Putin. Altri delitti, a cominciare da quello della giornalista Anna Politkovskaja possono essere a lui attribuiti solo grazie a legami molto più vaghi, anche perché la Russia è un paese molto violento, nel quale la criminalità variamente organizzata si è data apertamente battaglia per le strade per il controllo delle ricchezze del paese per anni e nel quale è diffuso il ricorso a sicari per liberarsi di nemici e concorrenti. C’è poi da dire che diversi dei casi che hanno fatto più rumore, spesso hanno avuto più rilevanza all’estero che in patria.

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LA STRAGE DEI GIORNALISTI – Sono 133 i giornalisti uccisi in Russia da quando Putin ha preso il potere, anche se nell’ultimo lustro sono calati ad “appena” un paio all’anno, e molti di più sono quelli sanzionati, licenziati ed emarginati da un mercato editoriale che con il tempo è finito quasi completamente sotto il controllo di uomini vicini al leader o almeno abbastanza accorti da non disturbarlo. Non aiuta l’incapacità della giustizia russa di venire a capo degli omicidi eccellenti ed è sempre da dimostrare che ne abbia l’interesse, soggetta come è la polizia a un controllo politico che nulla ha da invidiare a quello di sovietica memoria, anche se corruzione e scarse motivazioni la rendano non troppo efficace nei confronti di mafia e affini. Tuttavia è irrealistico attribuire a Putin quelle 133 vittime, spesso uccise per questioni locali o rivelazioni sgradite su questo o quel personaggio pericoloso.

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