È stato offerto il fianco all’ambasciata russa per dire che Meta porta avanti «attività estremiste»

Il riferimento, chiaramente, è al fatto che Meta abbia temporaneamente giustificato l'hate speech nei confronti dell'esercito russo, di Putin e di Lukashenko

11/03/2022 di Gianmichele Laino

È un boomerang. Il classico masso che cade nell’acqua e solleva onde e schizzi, andando a bagnare persino chi lo ha lanciato. La notizia che la Reuters ha lanciato nella tardissima serata di ieri, ovvero che Meta ha permesso temporaneamente post di hate-speech nei confronti dell’esercito russo, ma anche nei confronti di Vladimir Putin e del suo alleato Alexander Lukashenko, è stata sicuramente una mossa a sorpresa nell’ambito della già complessa situazione comunicativa che stiamo vivendo a proposito del conflitto in Ucraina. E ha offerto il fianco alla diplomazia russa per attaccare pesantemente l’azienda di proprietà di Mark Zuckerberg che è stata definita autrice di «attività estremiste».

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Ambasciata russa contro Facebook, la presa di posizione che offre il fianco alla propaganda

In una nota di un portavoce di Meta, si spiega chiaramente che espressioni come morte agli invasori russi potranno essere utilizzate in diversi Paesi del mondo: in Ucraina, sicuramente, ma anche negli stati al confine con il Paese invaso e in alcuni Paesi dell’Unione Europea e della Nato. Tutto questo ha causato una vibrante protesta dell’ambasciata russa a Washington che si è rivolta direttamente alla Casa Bianca affinché possa fermare le cosiddette «attività estremiste» di Meta.

«Chiediamo che le autorità statunitensi fermino le attività estremiste di Meta, prendano misure per assicurare i colpevoli alla giustizia. Gli utenti di Facebook e Instagram non hanno concesso ai proprietari di queste piattaforme il diritto di determinare i criteri di verità e mettere le nazioni l’una contro l’altra» – ha scritto in un tweet l’ambasciata russa a Washington. Si tratta di una protesta che apre un fronte inatteso – causato da un autogol diplomatico senza alcun senso – nell’ambito della disfida delle comunicazioni tra la Russia e i media occidentali.

Nei giorni scorsi c’erano state delle limitazioni alla diffusione dei contenuti filo-russi o dei media affiliati allo stato russo su Facebook, Instagram, ma anche su altre piattaforme esterne a Meta. Queste sanzioni avevano avuto come risposta il ban di Facebook dalla Russia (e anche di altre piattaforme esterne a Meta). Ma il fatto di consentire, sebbene temporaneamente, l’incitamento all’odio nei confronti dei soldati russi, delle istituzioni e dei russi intesi come aggressori è qualcosa che si spinge oltre e che, dunque, offre alle ambasciate russe – nell’occhio del ciclone per aver diffuso, soltanto ieri, delle fake news sull’attacco all’ospedale di Mariupol – un appiglio per sedersi al tavolo delle trattative rispetto all’ecosistema della comunicazione del conflitto.

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