Alzano Lombardo e quei casi sospetti arrivati in ospedale dal 13 febbraio

09/04/2020 di Redazione

Il paziente 1 di Codogno, il 38enne Mattia, è stato diagnosticato positivo al coronavirus il 20 febbraio. Una settimana prima, tuttavia, si registravano già casi di polmonite sospetta, con relativi decessi, anche all’ospedale di Alzano Lombardo. È questo quanto evidenziato dalla Asst di Bergamo che ha prodotto una relazione che individua una nuova prospettiva cronologica della diffusione del contagio nelle aree della Bergamasca. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, che ha avuto accesso al documento, si mostra infatti come «nel periodo compreso tra il 13 e il 22 febbraio sono giunti presso l’ospedale di Alzano alcuni pazienti che venivano successivamente ricoverati in medicina generale con diagnosi di accettazione polmonite/insufficienza respiratoria acuta».

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Alzano Lombardo e i primi casi di coronavirus precedenti a Codogno

I pazienti arrivavano tutti da Nembro o dalle zone limitrofe. Insomma, è possibile che il focolaio fosse preesistente al primo caso accertato nel Lodigiano (20 febbraio, appunto) e che fosse senz’altro preesistente rispetto al primo tampone positivo identificato ad Alzano, datato 22 febbraio. L’Asst di Bergamo sostiene questo. La diffusione in ospedale sarebbe stata successiva, poiché i pazienti hanno avuto contatto con personale sanitario e altri pazienti senza avere contezza di essere positivi al Covid-19 e che addirittura ci sono stati, fino al 12 marzo successivo, contatti tra i defunti e i loro parenti. Soltanto il 12 marzo, infatti, il provvedimento della regione Lombardia ha vietato questi stessi contatti, mentre prima si sono adottate soltanto misure di sicurezza standard.

Perché non sono stati fatti i tamponi ad Alzano Lombardo?

Ma perché, se ci sono stati dei sospetti, nessuno ha provveduto a fare il tampone ai primi pazienti con polmonite nell’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo? Semplicemente perché i protocolli sanitari, fino a quel momento, escludevano la possibilità di focolai autoctoni e parlavano di tamponi esclusivamente per le persone provenienti dalla Cina o che avevano avuto contatti con persone di nazionalità cinese. Lo stesso valeva anche per l’ospedale di Codogno, ma si è detto più volte – in quella circostanza – che lì ci fu una forzatura delle prassi previste dalle istituzioni sanitarie e che ha portato alla scoperta del virus in anticipo rispetto al resto d’Europa.

C’è poi il giallo della chiusura del pronto soccorso di Alzano, datata 23 febbraio. La misura è rimasta attiva soltanto per due ore. Successivamente, il reparto è stato riaperto, dal momento che l’emergenza avrebbe richiesto la piena operatività della struttura. Una decisione presa in maniera unilaterale dalla regione Lombardia, con la sanificazione del pronto soccorso che è stata effettuata soltanto nelle due ore di isolamento del 23 febbraio.

(Foto dalla puntata di Chi l’ha visto dell’8 aprile)

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