Rischi di contagio al chiuso, arriva l’algoritmo della Sima

Il progetto Apri della Società italiana di medicina ambientale punta a quantificare il rischio di infezione nei locali indoor

17/10/2020 di Redazione

Nella guerra al virus spunta l’algoritmo sul Covid. Un algoritmo previsionale sul rischio di propagazione del coronavirus al chiuso che è allo studio della Società italiana di medicina ambientale. Si tratta del progetto “Apri”, che punta a quantificare i livelli di rischio di infezione da Covid-19 negli ambienti indoor, da casa a scuola, così come nei luoghi di lavoro e nei locali aperti al pubblico.

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L’algoritmo sul Covid e i rischi degli ambienti chiusi

Ad annunciare lo studio dell’algoritmo sul Covid è stato il presidente di Sima, Alessandro Miani,  spiegando che il progetto punta ad utilizzare “i dati raccolti in singole aule scolastiche, uffici, sale d’attesa e locali, con dispositivi che monitorano i principali parametri di qualità dell’aria negli ambienti indoor” e che tutto ciò sarà usato per costruire “un modello relativo al rischio di contagio da Covid-19 in tempo reale” che tenga conto di numerose variabili tra cui “la struttura e la tipologia degli ambienti, il loro affollamento, il tempo di permanenza, la ventilazione e i parametri microclimatici”. Per Miani il progetto prevede che venga “quantificato anche l’impatto prodotto da interventi di miglioramento della qualità dell’aria” come i semplici ricambi d’aria o l’installazione di tecnologie di ventilazione meccanica controllata o di purificazione.

L’algoritmo sul Covid e il ruolo dell’inquinamento

A evidenziare il problema della qualità dell’aria e il suo impatto sulla salute, spiega il presidente del Sima, è stata “la diffusione del Covid-19 e i suoi effetti letali nelle aree a elevato inquinamento atmosferico”, come il numero rilevante di focolai scoppiati nella Pianura padana, anche se l’esistenza di un nesso causa-effetto diretto tra propagazione del virus e inquinamento atmosferico va trattato con particolare cautela. Miani spiega anche al momento sono in corso numerosi studi per la ricerca del Covid-19 nei sistemi di aerazione di strutture sanitarie, come ospedali o case di riposo, e dei “modelli di diffusione delle ormai famose droplets negli ambienti indoor aperti al pubblico”, come i locali commerciali, gli uffici, e i ristoranti. Per determinare lo stato di salute generale della popolazione, in particolare di chi vive nelle aree urbane, e come l’esposizione costante ai contaminanti ambientali possa aver influito sulla gravità degli effetti della pandemia, spiega però l’epidemiologo Prisco Piscitelli, va approfondito “il ruolo di base dell’inquinamento di ambienti chiusi e aperti nel loro complesso”. I primi risultati della ricerca saranno disponibili per la fine del 2020 e, secondo quanto dice Miani, saranno resi disponibili alla comunità scientifica.

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