Come i robot aiutano gli studenti con disabilità e non solo

Le nuove tecniche di intelligenza artificiale assistono sia gli studenti con autismo e dislessia sia coloro che sono ciechi o sordi

03/04/2022 di Martina Maria Mancassola

L’intelligenza artificiale non si ferma: l’AI aiuta i disabili. Sono stati sviluppati robot che aiutano ad insegnare abilità sociali ai bambini affetti da disabilità o autismo, ma non solo. Software di traduzione offrono agli studenti non udenti un’esperienza più immediata e partecipativa, e analisi di dati permettono di determinare tecniche efficaci nell’identificazione di persone con dislessia. Questi strumenti – sorretti tutti da sistemi di intelligenza artificiale -, mirano a creare modi più efficienti per rilevare, insegnare e assistere le persone che mostrano importanti difficoltà nelle fasi di apprendimento. Alcuni di questi sono già operativi nelle aule scolastiche, mentre altri sono ancora in fase di ricerca ed elaborazione.

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AI aiuta i disabili e non solo: le nuove tecniche supportate dall’intelligenza artificiale aiutano nell’apprendimento le persone disabili

La tecnologia è meravigliosa quando non sostituisce l’uomo ma lo supporta permettendogli di realizzare e raggiungere risultati che da solo non avrebbe mai ottenuto. In questo senso, i robot sociali – creati dall’AI per interagire con gli esseri umani -, possono rivelarsi abilissimi nell’insegnamento di abilità sociali ed educative a tutti gli studenti, compresi quelli affetti da deficit di attenzione o da iperattività, problemi di udito, vista, sindrome di Down, autismo e così via.

Affrontare le necessità dei bambini affetti da autismo è davvero urgente a causa del loro numero: secondo i Centers for Disease Control and Prevention, un bambino su 54 risulta affetto da autismo. L’intervento delle tecnologie di AI è, allora, importantissimo; secondo Brian Scassellati, professore di informatica, scienze cognitive scienze e ingegneria meccanica alla Yale University, quegli studenti tendono a rispondere ai robot «in un modo che non rispondono alle marionette o alle terapie per animali domestici, o a molti altri tipi di cose che abbiamo provato». Ciò potrebbe dipendere dal fatto che i robot sembrano umani ma non esprimono giudizi. I robot, poi, sono disponibili in vari design, cioè hanno le sembianze di giovani ragazzi, macchine di fantascienza o pupazzi di neve pelosi, che certamente avvicinano la macchina e l’uomo, e sono chiamati con nomi vivaci come Kaspar, Nao e Zeno.

In un recente studio del professor Scassellati e dei suoi colleghi, un primo prototipo di robot chiamato Jibo — una piccola lampada da tavolo con una testa rotonda che ruota in tutte le direzioni e un cerchio bianco luminoso su un touch screen come volto — è stato utilizzato, e ha funzionato, ogni giorno per 30 giorni con 12 bambini e i loro accompagnatori. Jibo è stato in grado di modellare il suo sguardo sociale, di stabilire un contatto visivo con l’interlocutore, di prestargli attenzione, e ha fornito risposte e guida durante sei giochi interattivi tramite alcuni schermi. Il professor Scassellati sostiene che «il compito del robot era quello di regolare la difficoltà del gioco in base alle prestazioni del bambino». Ma attenzione: nessuno scienziato vuole sostituire questo robot con un insegnante o un familiare. Infatti, il professore dichiara di non aver mai incoraggiato «i bambini a rispondere semplicemente alla tecnologia, questo non fa loro alcun bene», aggiungendo di voler solo consentire loro di interagire con le persone in modo più sostanziale.

La ricerca ha portato grandi frutti: è, infatti, stato scoperto che questi robot implementano le abilità educative e sociali dei ragazzi, anche se, ovviamente, sono necessari ancora molti studi per scoprire come mantenere, nel lungo termine, questi insegnamenti nello studente e, dunque, come tradurli effettivamente nel mondo reale. La tecnologia è oramai in grado di effettuare ricerche su come si formano le percezioni, su come le persone riescano a comprendere i sentimenti e i pensieri l’una dell’altra e che cosa significhi intelligenza emotiva. Queste informazioni potrebbero essere tradotte in algoritmi che permetterebbero ai robot di interpretare la lingua parlata, i gesti delle persone e i complessi segnali verbali e non verbali. Danielle Kovach, insegnante di educazione speciale di terza elementare a Hopatcong, New Jersey, ha dichiarato che sarebbe curiosa di vedere cosa riveleranno i nuovi studi, aggiungendo che: «gran parte dell’insegnamento delle abilità sociali agli studenti con autismo consiste nel leggere le espressioni facciali, leggere i linguaggi del corpo e cogliere i segnali sociali degli altri. Un robot è in grado di imitare quelle cose che impariamo dagli umani?».

Il caso di Caden, un bambino di 10 anni

Anche se, fino ad ora, i robot sociali sono stati prevalentemente utilizzati negli studi di ricerca, esiste un nuovo mercato rivolto proprio alle classi e agli individui. LuxAI, per esempio, è una società con sede in Lussemburgo che vende, dall’anno scorso, ai genitori il QTRobot, un divertente robot progettato per bambini con autismo. Per ora, questo è disponibile solo in lingua inglese e francese. Aida Nazari, co-fondatrice di LuxAII, ha spiegato che i bambini con autismo riescono ad interagire con il robot ogni giorno da 10 a 60 minuti, e ciò in base alla loro età e necessità. Il problema è che il QTRobot costa molto ($ 2.000 più un abbonamento software mensile di $ 129, che eroga servizi di supporto). Rachel Ricci è stata la prima persona in Canada ad ordinarlo, ricevendolo a febbraio dell’anno scorso. Suo figlio, Caden, di 10 anni, è autistico dall’età di 3 anni. Caden gioca con i suoi genitori ed il terapeuta, grazie ai tablet, mentre QTRobot rappresenta un terzo amico, ma anche un insegnante che lo incoraggia e sostiene. Il bambino usa il robot per circa 30 minuti cinque giorni alla settimana e secondo la signora Ricci: «QT lo aiuta a rafforzare la sua fiducia». Tra l’altro, aver ottenuto il robot durante la pandemia non è stato di poco conto, se si pensa che la maggior parte dei compagni di classe di Cade – in una scuola di Montreal per persone con autismo -, è regredita di molto quando la scuola ha chiuso ed i terapisti non erano disponibili. La signora Ricci sostiene che il mancato regresso di suo figlio sia dovuto proprio a QTRobot.

La bella iniziativa in Italia

Gli studenti dell’Istituto comprensivo Dalla Chiesa (Sicilia) vincono la finale nazionale di robotica creando un robot in grado di aiutare i disabili. Il robot creato dai ragazzi dell’Istituto – grazie alla tecnologia a supporto dei più deboli -, agevola l’inclusione sociale e lavorativa di coloro che soffrono di disabilità cognitiva. In particolare, il dispositivo consente di seguire ed indirizzare i movimenti dei soggetti con difficoltà.

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