Le sanzioni dell’Agcom alle testate giornalistiche. E i blog? E i social?

28/02/2018 di Redazione

Da grandi poteri derivano anche grandi responsabilità. O anche grandi possibilità di beccarsi una sanzione. Anche in questa campagna elettorale, l’Agcom (l’Autorità Garante delle comunicazioni) ha messo nel mirino le testate che hanno violato la par condicio nella marcia di avvicinamento alle elezioni politiche del 2018 o che hanno dato notizia – come del caso di Giornalettismo – dei falsi sondaggi (mascherati da corse di cavalli o conclave per l’elezione del papa) diffusi dopo la data limite del 17 febbraio.

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AGCOM, OPERATO INDISPENSABILE: MA VALGA PER TUTTI

L’operato dell’Agcom, lo premettiamo, è indispensabile per un corretto ed equilibrato svolgimento della competizione elettorale. Senza un solco d’indirizzo all’interno del quale veicolare le notizie della campagna elettorale, senza una proporzionale distribuzione degli interventi dei vari schieramenti politici, senza una serie di regole che disciplinino cosa è lecito e cosa non è lecito fare in un momento cruciale per la storia del Paese, sarebbe impossibile operare in maniera efficace.

Tuttavia – e ormai lo stiamo sperimentando da almeno due elezioni politiche a questa parte (con in mezzo diverse tornate amministrative) – la rilevanza di internet nel tessuto sociale italiano ha evidentemente posto interrogativi rispetto ai quali, al momento, non sembriamo preparati. Ad esempio, possibile che a essere sanzionati siano i quotidiani che – per diritto di cronaca – mettono in evidenza (deprecandoli persino) questi sondaggi clandestini e non i blog che quegli stessi sondaggi li pubblicano e che possono eludere qualsiasi sorveglianza semplicemente cambiando il proprio dominio? E che dire delle notizie che i singoli utenti, magari sotto forma di immagine o di semplice post, diffondono su pagine e gruppi Facebook?

AGCOM, IL PROBLEMA DELLA DIFFUSIONE DELLE NOTIZIE

In molti casi, infatti, questi canali hanno una diffusione più capillare e più ampia rispetto a molte testate tradizionali e, pertanto, possono influenzare l’opinione pubblica in proporzione maggiore. Il tema è serio e non andrebbe sottovalutato (come, invece, fanno alcuni canali di informazione voltandosi semplicemente dall’altra parte): anzi, le testate tradizionali dovrebbero fare rete e segnalare all’Agcom l’importanza del loro ruolo e, al contrario, la paradossale impunità di chi – privo di qualsiasi certificazione – continua a deviare dalla legalità.

Del resto è lo stesso presidente dell’Agcom Angelo Marcello Cardani a evidenziare il tema della par condicio ai tempi del web, dichiarando in più circostanze: «è necessario che ci sia una normativa per il web, che non c’è. Al momento tutto ciò che avviene su internet non è sottoposto alla nostra giurisdizione. Il ricorso a strumenti nuovi è crescente e quindi ritengo che il Parlamento prima o poi debba esaminare la questione». Già, prima o poi. Speriamo almeno con qualche mese di anticipo rispetto alla prossima tornata elettorale.

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