Wow, quindi siamo ancora alla proposta delle carte d’identità per smascherare gli account fake su Instagram?

Questa volta, però, la politica non c'entra: è il social network a lanciare l'idea

17/08/2020 di Redazione

Favorisca il documento d’identità per mettere il like all’ultimo post su Instagram di Chiara Ferragni. La piattaforma social – acquistata da Facebook e gestita attualmente da Adam Mosseri – sta cercando di combattere da anni, ormai, contro gli account fake, principali diffusori di bufale e responsabili di alterazioni di visualizzazioni e click sui post (che il mercato degli OTT trasforma in monetizzazione). E dopo anni di riflessioni, la montagna ha partorito un topolino: Instagram chiederà un documento per verificare l’identità dell’account.

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Account fake Instagram smascherati con la carta d’identità

Se non arrivasse direttamente dal blog ufficiale di Instagram – lo spazio dove la piattaforma comunica le ultime novità in termini di aggiornamenti e di policy -, potremmo pensare all’ennesima proposta di Italia Viva sull’utilizzo dei social network. Ricordate quando Luigi Marattin lanciò l’idea di autenticare gli account attraverso la carta d’identità e la conseguente petizione del partito di Matteo Renzi (per parteciparvi, come vi avevamo dimostrato, bastava anche inserire un nome inventato)? Ecco, il tenore dell’idea è più o meno quello.

Ma ve la immaginate la sentinella di Instagram che vi invita a riportare i dati del documento rilasciato dal vostro comune? E, visto che le proposte di autenticazione possono seguire altre vie, anche i minori di 16 anni possono stare tranquilli: è prevista anche per loro una possibile autenticazione, addirittura attraverso la pagella scolastica. Nell’elenco dei documenti consentiti c’è la carta di credito (sì, come no), i permessi di soggiorno, la patente, l’assicurazione dell’auto, la tessera della biblioteca (l’imperdibile tessera della biblioteca, proprio lei).

Scelta più ampia di un menu alla carta del più turistico dei ristoranti che collegano via del Corso al Pantheon, dove puoi trovare i turisti tedeschi che bevono il cappuccino insieme alla pizza all’ananas.

Account fake Instagram, perché compagnie da 20 miliardi di dollari non trovano una soluzione meno provinciale?

Quello che cerchiamo di dire è che il problema degli account fake e dei bot – soprattutto in vista delle campagne elettorali (eccome se sono importanti le campagne elettorali, con l’approssimarsi delle elezioni Usa e visto il precedente del 2016) – è una cosa seria. Che ha più o meno la stessa età dei social network. Esiste da sempre, solo che negli ultimi 5 anni è diventato invasivo. A volte questo fenomeno può contribuire a orientare consensi e opinioni. A diffondere disvalori e contro-cultura (anzi, ignoranza vera e propria).

Ma proprio per questo ci si aspetterebbe che piattaforme il cui ultimo fatturato si aggira intorno ai 20 miliardi di dollari trovassero soluzioni un po’ diverse rispetto a quelle che userebbe la pro-loco per l’iscrizione al karaoke della Sagra del Lampascione. L’investimento andrebbe fatto a monte, a livello di algoritmo. La sensazione è che questo tipo di soluzione comporterebbe una schiera di problemi a livello di privacy e di libertà di espressione politica, culturale e sociale (nel calderone della verifica dell’identità ci finirebbero anche attivisti contrari ai regimi, liberi pensatori, persone che utilizzano nickname semplicemente per tutelare la propria privacy senza mostrare i loro volti) da annoverare nei diritti costituzionali.

E soprattutto la proposta di Instagram arriva fuori tempo massimo e sa tanto di toppa dell’ultimo momento: si vogliono tutelare le elezioni americane e la serenità del dibattito interno? Allora non si propone una soluzione del genere a tre mesi dal voto. Quanto provincialismo nelle multinazionali dei social media.

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