I numeri fantasiosi con cui il M5S dice che il Reddito di Cittadinanza abbia abolito la povertà
10/12/2019 di Enzo Boldi
Numeri fantasiosi, al limite della propaganda, e dove trovarli. Qualche giorno fa il Movimento 5 Stelle ha esultato sui social facendo tirare un sospiro di sollievo a molti italiani: il reddito di cittadinanza sta funzionando e a dirlo sono i dati dell’Inps. E si parla di cifre citate dal presidente dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, Pasquale Tridico, che ha parlato di un calo del 60% del tasso di povertà. Un numero elevatissimo che giustificherebbe anche quel pugno alzato verso il cielo di Palazzo Chigi (scena reale di un inizio autunno 2018). Ma l’abolizione povertà non è così come viene raccontata.
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A svelare l’inesistenza di quel numero così consistente è stato il giornalista de Il Foglio Luciano Capone che ha scartabellato tra i rapporti dell’Inps facendo un’amara sorpresa. Quel -60% non esiste. Da nessuna parte.
Da giorni il presidente dell’Inps diffonde cifre miracolose: “L’impatto che abbiamo calcolato del RdC su povertà è di una riduzione dell’intensità della povertà di -8%, una riduzione di -1,5% della disuguaglianza e di -60% del tasso di povertà. Questi dati sono straordinari”. 2/n
— Luciano Capone (@lucianocapone) December 10, 2019
Abolizione povertà: siamo davvero al -60%?
Numeri straordinari, dunque. Ma c’è stata davvero l’abolizione povertà in Italia? Quei numeri sono reali? Sta di fatto che il Movimento 5 Stelle ha deciso di prenderli per buoni così come sono, senza verificare a fondo la realtà e postando sui social immagini trionfanti in cui si parla degli effetti del reddito di cittadinanza dopo i suoi primi sei mesi di esistenza.
L’analisi, sui dati, di Luciano Capone
Combattere è già un primo passo, ma la battaglia deve mostrare numeri reali. Luciano Capone, con un lungo thread su Twitter e con un articolo pubblicato su Il Foglio, ha spiegato bene perché i conti non tornino da nessuna parte. Nessun documenti ufficiale dell’Inps, infatti, riporta quel dato che darebbe adito all’abolizione della povertà.
Sorgono un paio di domande: com’è possibile, se la povertà assoluta fa -60%, che quella relativa faccia solo -0,8 punti? La povertà assoluta è 5mln di persone e quella relativa 9mln: se la prima fa -60% (3mln), sulla seconda doveva esserci un effetto superiore a -0,8 (700k). 7/n
— Luciano Capone (@lucianocapone) December 10, 2019
Un lavoro di verifica che Luciano Capone ha fatto, confermando come quei dati siano inesatti, inesistenti o comunque molto fantasiosi.
Infatti, a differenza degli altri dati, la variazione di povertà assoluta non si basa su simulazioni microfondate del Centro studi dell’Inps ma è un semplice rapporto: tra il numero di persone che hanno diritto a chiedere il RdC e il numero di poveri assoluti secondo l’Istat. 9/n
— Luciano Capone (@lucianocapone) December 10, 2019
La platea eleggibile che non è la realtà
Stime approssimative che parlano per valore assoluto, senza tenere conto di chi, come e quando abbia percepito il reddito di cittadinanza negli ultimi mesi. Insomma, si parla di platea (quindi plausibile o possibile) senza alcun altro dato reale e tangibile.
Ad esempio controllerebbe quanti realmente hanno ottenuto il sussidio, se questi sono realmente poveri assoluti e se il sussidio è sufficiente a uscire dalla povertà (cosa quantomeno dubbia per le famiglie numerose, penalizzate da una scala di equivalenza “accorciata”). 13/n
— Luciano Capone (@lucianocapone) December 10, 2019
L’abolizione povertà è, dunque, lontana dall’avvenire. Nonostante parole del presidente Inps che ha fatto il tifo per il reddito di cittadinanza. Quel dato, -60%, non è reale.
(foto di copertina: da Facebook)