Perché a Twitter è servito Google Cloud

Il contratto era stato sottoscritto nel 2018 e serviva ad aumentare la capacità di storage di Twitter

03/07/2023 di Gianmichele Laino

L’importanza dei servizi di cloud storage per i social network è innegabile, soprattutto in presenza di grandissimi volumi di traffico e in corrispondenza con una infrastruttura che non sembra avere delle forze necessarie a provvedere autonomamente. La situazione di Twitter, fino al 2018, era quella di sfruttare i servizi di Smyte (un servizio acquistato dal social network nel 2016) per garantire la sicurezza della navigazione degli utenti. Poi, è intervenuto un contratto con Google Cloud (secondo alcuni rumors, da un miliardo di euro complessivo) e un contratto con Amazon Web Services. Queste ultime due aziende hanno aumentato notevolmente la capacità di Twitter di gestire in sicurezza i propri utenti.

LEGGI ANCHE > C’entra la trattativa estenuante tra Musk e Google Cloud sulla limitazione per i tweet?

A cosa serve il cloud a Twitter?

Un servizio come quello di Google Cloud consentiva a Twitter di avere a disposizione spazi di archiviazione molto grandi per importantissime quantità di dati da gestire. Ma Google Cloud metteva a disposizione anche diversi servizi del suo pacchetto dedicato, ad esempio per implementare le attività di moderazione della piattaforma social e la conseguente limitazione del caricamento di contenuti non consentiti.

Il mancato proseguimento dell’accordo tra Google Cloud e Twitter andrebbe a incidere pesantemente sui servizi di trust&safety di Twitter. Soprattutto perché Google ha giocato, almeno dal 2018, un ruolo molto importante in questa area di lavoro del social network. Dovendo gestire gli stessi volumi di traffico a cui Twitter si trovava di fronte fino al 30 giugno, venendo meno il supporto di Google Cloud, secondo osservatori esperti il social network si sarebbe trovato ad avere problemi a livello della sua lotta contro lo spam, problemi a rimuovere materiale pedopornografico e in generale proteggere gli account degli utenti.

Per questo, si è voluto mettere in correlazione la limitazione dei tweet visibili da parte degli utenti (decretata dallo stesso Elon Musk) e la conclusione del rapporto tra Twitter e Google Cloud. A sostegno di questa tesi, ci sarebbe anche l’aura di provvisorietà con cui Musk ha circondato la comunicazione sulla limitazione dei tweet. La soluzione, infatti, è stata indicata come momentanea (inoltre, si è passati – nel giro di qualche ora – da un limite di 600/6000 tweet da visualizzare a seconda dell’appartenenza alla categoria degli utenti base o a quella degli utenti premium, a un limite di 1000/10mila tweet per le due categorie).

Questo potrebbe lasciare spazio a due soluzioni alternative. Il ripristino delle piene funzionalità di Twitter per ognuno degli utenti (almeno nella visualizzazione dei tweet) potrebbe essere legato o all’implementazione delle soluzioni interne che ruotano intorno a Smyte (una scelta conservativa di autosufficienza) o a una nuova trattativa con i grandi partner di Big Tech con margini migliorativi rispetto a quelli siglati nel 2018. Elon Musk, insomma, starebbe testando la resistenza di Twitter. Sempre in ottica spending review.

Share this article
TAGS